Minuto numero 72 dell’ultima partita della stagione, finale di Champions League. Un affaticato e poco lucido Adeyemi lascia spazio al capitano della sua squadra: entra in campo Marco Reus. Non è solo l’ultima partita della stagione, per lui sarà l’ultima partita della carriera con la maglia del Borussia Dortmund.

Piccolo passo indietro: Marco Reus arriva, anzi torna, a Dortmund nell’estate del 2012. Il club in cui ha passato tutta l’infanzia vuole dargli una seconda opportunità dopo averlo scartato qualche anno prima. A 23 anni ha ancora molto da dimostrare e vuole portare il Borussia sul tetto d’Europa. Subito, alla prima stagione, conquista il posto tra gli 11 titolari: forma insieme a Mario Götze e Robert Lewandowski uno dei tridenti d’attacco più temuti del vecchio continente. Infatti, in quella stagione il cammino in Champions League del Dortmund è devastante: eliminano in semifinale il Real Madrid di Cristiano Ronaldo grazie ad uno spettacolare 4-1 nella gara di andata. In finale li aspettano i connazionali del Bayern Monaco, che in quella stagione hanno dominato il campionato tedesco. Alla prima stagione di Marco Reus c’è subito la possibilità di portare la coppa dalle grandi orecchie a casa, ma un lampo nei minuti finali di Robben si staglia nel grigio cielo di Londra. A trionfare a Wembley è la squadra allenata da Jupp Heynckes per 2-1. C’è disperazione, ma c’è anche la consapevolezza che quel momento prima o poi arriverà.

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Nel 2014 si gioca la coppa del mondo in Brasile: la Germania è una delle grandi favorite. Tra i tanti campioni può contare sulla velocità e sull’estro di Reus schierato come ala. A pochi giorni dal mondiale, in un’amichevole contro l’Armenia, i legamenti della sua caviglia cedono. Grave infortunio che gli farà saltare il mondiale. La nazionale tedesca arriverà in fondo a quel torneo, vincendo contro l’Argentina grazie al gol del suo amico Götze, passato l’estate precedente ai rivali del Bayern Monaco.

Non c’è tempo per pensare alla nazionale, l’obiettivo rimane portare il Dortmund più in alto possibile. Mentre lui resta la maggior parte dei suoi compagni se ne va: Lewandowski e Götze passano al Bayern Monaco e anche i nuovi arrivati per sostituirli, Aubameyang e Mhkitaryan lasceranno la squadra dopo non essere riusciti a scardinare il dominio bavarese in Germania. Marco dimostra il suo attaccamento alla città, alla squadra e alla tifoseria: nonostante le grandi stagioni fallimentari lui c’è, dà il massimo. Per qualsiasi ragazzino, tedesco e non, diventa un modello da seguire. Si dice sempre che nel calcio moderno non esistano bandiere: lui, forse, è l’unica esistente.

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Arrivano due coppe nazionali che non possono rispecchiare, però, l’obiettivo iniziale di Reus. Iniziano gli anni ’20 e a rinforzare l’organico giallonero arrivano due talenti generazionali: Haaland e Bellingham. Prima di arrivare a trionfare in Europa si vuole scardinare il dominio tedesco del Bayern Monaco. Anno dopo anno il distacco diventa sempre minore: si arriva alla stagione 2022/23. Haaland è passato al Manchester City, con cui vincerà la Champions, e si vocifera che potrebbe essere l’ultimo anno di Reus a Dortmund. O quest’anno o mai più.

Testa a testa fino all’ultima partita tra Borussia Dortmund e Bayern Monaco, la squadra di Marco è in vantaggio di due punti ma assisteremo a una delle giornate più clamorose del calcio moderno: i gialloneri pareggiano per 2-2 davanti al pubblico di casa con il Magonza, mentre il Bayern ribalta il risultato negli ultimi minuti e vince per 2-1 sul campo del Colonia. A parità di punti il titolo è del Bayern, l’undicesimo di fila. La delusione è cocente: finalmente la Bundesliga tedesca sembrava aver preso la strada verso Dortmund, ma la storia è crudele. Nonostante questo Marco fa di tutto per rimanere ancora un altro anno. Lo sente dentro di sé, la redenzione è vicina.

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Torniamo dunque al minuto 72: Wembley, Londra. Dopo 11 anni, Marco torna nello stadio da cui tutto è iniziato, nella finale di Champions League. È ufficialmente la sua ultima partita con il Dortmund e si può chiudere un cerchio, portando il trofeo più ambito d’Europa in Germania. Si sa, però, il destino è crudele: a due minuti dal suo ingresso Carvajal svetta di testa e porta in vantaggio il Real Madrid. Qualche minuto più tardi sarà Vinicius ad “ammazzare” definitivamente la partita: 2-0, il Real è campione d’Europa per la quindicesima volta. Un’altra volta ancora, Marco.

Quello che sembrava un segno del destino, un’occasione per chiudere il cerchio, si è trasformato nell’ennesima serata da incubo per Reus e per il Borussia Dortmund. Nonostante i pochi trofei in carriera ciò che rimane di Marco è l’amore che ha trasmesso giocando nella squadra di cui è sempre stato innamorato. Milioni di ragazzi sono cresciuti insieme a lui, sperando in un finale diverso.

Si sa, però: il calcio non è una favola e non sempre c’è un lieto fine. Danke Marco.