“Use Your Vote”, usa il tuo voto. È  il motto della campagna istituzionale del Parlamento europeo per incoraggiare i circa 450 milioni di cittadini europei a recarsi alle urne tra il 6 (i Paesi Bassi apriranno per primi le urne) e il 9 giugno. In Italia si voterà sabato 8 e domenica 9. La nuova Eurocamera entrerà nella sua decima legislatura e dovrà affrontare le numerose sfide, a livello interno e internazionale, che rendono il momento storico attuale così complesso.

Ma cos’è il Parlamento europeo? Quali sono le sue funzioni? Chi siede al suo interno?

Che cos’è il Parlamento europeo?

È una delle tre istituzioni dell’Unione, assieme a Consiglio europeo e Commissione, ed l’unica in cui i suoi componenti sono eletti direttamente dai cittadini europei. Attualmente, gli europarlamentari sono 705, ma dalla prossima legislatura saliranno a 720, in virtù dei cambiamenti demografici degli ultimi anni (in ogni caso, non possono essere più di 750). In Francia, Spagna e Paesi Bassi saranno in palio due seggi in più rispetto all’ultima elezione. Ogni Stato membro elegge i suoi rappresentanti in base alla sua popolazione e ha diritto come minimo a sei seggiè il caso di Paesi meno popolosi come Malta, Cipro e Lussemburgo. Il massimo di europarlamentari eleggibili è, invece, 96 (Germania), mentre l’Italia è il terzo Paese più rappresentato, con 76 seggi.

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La sede del Parlamento europeo a Strasburgo (Francia)

Le funzioni del Parlamento europeo

La principale funzione del Parlamento europeo è quella legislativa, esercitata assieme al Consiglio dell’UE, guidato, ogni sei mesi, da uno Stato membro. A differenza dei parlamenti nazionali, l’Eurocamera non ha potere di iniziativa legislativa che spetta, invece, alla Commissione UE, di cui è presidente Ursula von der Leyen. Quindi, non può proporre le leggi. Nell’iter legislativo, il Parlamento discute, modifica ed eventualmente approva le proposte presentate dalla Commissione. Alcuni atti legislativi, come i regolamenti, trovano diretta applicazione nel quadro normativo degli Stati, mentre in altri casi è necessario che ciascun Paese adotti una legge nazionale per adeguarsi, come accade per le direttive.

Ma non si tratta della sua unica competenza. Il Parlamento esercita un controllo di tipo politico sull’operato della Commissione: nomina il mediatore europeo, istituisce commissioni d’inchiesta e approva il bilancio annuale dell’Unione assieme al Consiglio UE. In alcune materie, Parlamento e Consiglio hanno competenze diverse. Per esempio, nel caso delle politiche di concorrenza e di sicurezza comune, il Parlamento ha solamente funzioni consultive, ovvero esprime un parere sulle proposte di legge che il Consiglio deve valutare obbligatoriamente prima di prendere la sua decisione.

La gran parte delle attività dell’Eurocamera si svolge all’interno di commissioni permanenti (attualmente 20) che rispecchiano, in piccolo, i rapporti di forza nel Parlamento. Le commissioni si riuniscono a Bruxelles, mentre l’assemblea plenaria, dove si incontrano tutti gli europarlamentari, si tiene, una volta al mese, a Strasburgo.

L’attuale composizione del Parlamento europeo

Per costituire un gruppo politico all’interno dell’Europarlamento sono necessari almeno 25 europarlamentari eletti in almeno sette Stati. Attualmente, ci sono sette gruppi politici. Il Partito Popolare Europeo (PPE) è il più grande e rappresenta il centrodestra moderato, e fanno parte gli eurodeputati di Forza Italia. Il secondo più ampio è quello dei Socialisti e Democratici (S&D), i progressisti, al quale appartiene il Partito Democratico. Il terzo per dimensione, invece, è Renew Europe (RE), i liberali, composto dagli esponenti di Azione e Italia Viva.

Proseguendo l’analisi della composizione dell’emiciclo, troviamo i Conservatori e Riformisti Europei (ECR; Fratelli d’Italia è tra i membri), Identità e Democrazia (ID) a cui aderisce la Lega, i Verdi/Alleanza Libera Europea (GREENS/EFA) e Sinistra al Parlamento europeo (GUE/NGL). A questi si affiancano i “Non iscritti”, ossia gli europarlamentari che non aderiscono a nessuna “famiglia” politica europea, tra i quali si contano gli esponenti del Movimento 5 Stelle.

Durante la prima seduta, i membri del Parlamento europeo eleggono tra di loro un presidente, il cui mandato (rinnovabile) dura due anni e mezzo. Ciò significa che a metà legislatura si tiene una nuova votazione. Attualmente, la presidente è Roberta Metsola (PPE), eletta nel gennaio 2022 dopo la morte del predecessore David Sassoli (S&D).

European Union, 2023 - Source: EP - Rares Gheorghiu

La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola

 

I temi della contesa

Gli strascichi dell’ultimo quinquennio indirizzeranno l’esito della tornata elettorale. Nel 2019, erano inimmaginabili la pandemia di COVID-19, che si è tramutata in un’altra crisi finanziaria a distanza di un decennio da quella del debito sovrano europeo; l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha disseppellito gli argomenti dell’approvvigionamento energico e della cooperazione in materia di sicurezza e difesa; l’aggravarsi del cambiamento climatico. Le ripercussioni determinate da questi avvenimenti si sono riversate in ogni Paese membro dell’Unione Europea, sebbene si siano riscontrate con un’intensità differente, e hanno scombinato le esigenze dei cittadini e le priorità dei governi, vincolandone i piani.

Le faccende sulle quali far leva per ampliare il consenso e i seggi a Bruxelles sono mutate, e rispecchiano le urgenze degli elettori che – secondo l’Eurobarometro – ricadono, soprattutto, sul contrasto alla povertà (33%) e all’esclusione sociale (32%), e sulla salute pubblica. Gli scossoni sanitari, geopolitici, economici e ambientali – dai quali, all’interno dei confini nazionali, la maggioranza e l’opposizione nazionali ricavano della “sostanza” per contrapporsi – hanno modificato anche la percezione degli europei sulla centralità dell’UE nello scacchiere globale: per quattro su dieci è maggiore.

Nella campagna elettorale, però, i gruppi parlamentari e i partiti si sfidano anche su altri dossier: «Al centro del dibattito ci sono pure l’immigrazione, che è un tema sensibile per la destra, e il Green Deal, che è ritenuto eccessivo. Sono due delle componenti della strategia che hanno caratterizzato il mandato di von der Leyen alla guida della Commissione. Stanno ricevendo le critiche, oltre che dai conservatori e i sovranisti, dal Partito Popolare Europeo. Quindi, sta prendendo piede una sorta di referendum sulla sua presidenza», osserva, a Magzine, Emanuele Bonini, corrispondente da Bruxelles per Eunews.it.

A chi il potere?

I disaccordi sulla politica migratoria attuata e sul percorso compiuto per raggiungere una «transizione verde» in quest’ultima legislatura, alla stregua delle decisioni per reggere la competizione con gli Stati Uniti d’America e la Cina e avviare l’allargamento dell’Unione Europea, potrebbero pregiudicare il bis della von der Leyen. Cinque anni fa, si accordarono (9 voti le valsero il vertice dell’istituzione), insieme al Partito Popolare Europeo al quale appartiene il “suo” CDU, il Partito Socialista Europeo, l’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa, i Conservatori e i Riformisti Europei e gli Indipendenti. Nonostante i sondaggi indichino che, al momento, la «maggioranza Ursula» nel Parlamento Europeo si confermerà – S&D e RE dovrebbero vedere vuotarsi il proprio bottino di seggi; al contrario, PPE ed ECR –, i Conservatori e i Riformisti Europei potrebbero comportare il cambio al vertice della Commissione Europea. E potrebbero costringere la von der Leyen a intavolare una nuova trattativa dalla quale, a oggi, è estromesso Identità e Democrazia.

Il punto di Bonini: «L’attuale maggioranza potrebbe non uscirne scalfita, ma dipenderà dalle scelte del PPE, che sta flirtando con i conservatori. Tra quest’ultimi, il peso di Vox potrebbe crescere, con tutte le incognite del caso. E il possibile ingresso del partito capitanato da Viktor Orbàn cambierebbe anche le logiche di eventuali rapporti con i popolari, dove sono in molti a non voler averci a che fare. Sull’immigrazione, il PPE potrebbe avere sponde più facili con l’ECR». Il gruppo dei sovranisti al quale ha aderito la Lega, che le ultime rilevazioni segnalano come il partito italiano che perderà più esponenti, a favore di Fratelli d’Italia che diverrà il più rappresentato, seguito dal Partito Democratico e dal Movimento Cinque Stelle.

La disinformazione
A Bruxelles, in vista del voto, lo spauracchio è la disinformazione. Lo sguardo è rivolto a Mosca, abile, in precedenza, ad azionare la propria batteria di “agenti del caos” allo scopo di condizionare, attraverso la produzione di fake news e deepfake, le opinioni dei cittadini che si documentano sui social network. Gli argomenti più gettonati sono l’immigrazione, il cambiamento climatico e il conflitto tra l’Ucraina e la Russia. «Si teme l’interferenza dei russi nella campagna elettorale e la propaganda del Cremlino, motivo per cui è stato attivato un meccanismo di monitoraggio e scambio di informazioni», conferma Bonini.

Per arginare la manipolazione della realtà, scongiurando l’inquinamento del dibattito pubblico e il processo elettorale, come è accaduto durante le elezioni nazionali lo scorso anno, la Commissione Europea adotta, da febbraio, il Digital Services Act, che ha stabilito delle linee guida destinate ai motori di ricerca e alle piattaforme online (i social media, i siti di e-commerce, i servizi di Google, ecc.). Includono anche le raccomandazioni sui contenuti realizzati con l’intelligenza artificiale, da etichettare, e sulla pubblicazione, da parte di ogni attore, di «un feedback pubblico sulle misure di mitigazione del rischio adottate» a margine della tornata. E la stessa istituzione ha già messo alla prova GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) con un «stress test». La disinformazione potrebbe essere la mina vagante.