Se ci si allontana dalla frenesia di Corso Buenos Aires e ci si addentra in una delle tante strade perpendicolari, è possibile scoprire i volti e le storie dei personaggi celati dietro alle portinerie dei palazzi della zona.

In via Panfilo Castaldi, si staglia un imponente palazzo storico, costruito attorno al 1890 e, dal gabbiotto, collocato nell’androne, fa capolino il viso rassicurante di Rita. Capelli sale e pepe, occhi piccoli e sorridenti, una voce che, nel raccontare la sua vita, ha il potere di farne rivivere i fotogrammi davanti agli occhi del suo interlocutore, come se fosse la pellicola di un film. Rita ha 67 anni, due figli, entrambi laureati e con famiglia, è siciliana ma si è trasferita a Milano all’età di dieci anni: pur avendo ancora qualche parente nella sua terra d’origine, non ne sente nostalgia e vede Milano come quella casa che, da piccola, l’ha accolta con calore, nonostante i colori della città non abbiano la bellezza delle sfumature turchesi del mare di Sicilia.

Lavora nel palazzo da 30 anni, in tandem col marito, milanese, ma la loro storia professionale è curiosa: inizialmente elettricista lui e impiegata in uno scatolificio lei, sono stati costretti a cambiar lavoro “a causa di una grave malattia agli occhi che ha costretto Luigi ad abbandonare il posto” e ha spinto Rita a decidere di “lasciare la fabbrica, accudire i suoceri e aiutare il marito a gestire la nuova attività di portinaio, più in linea con le sue condizioni di salute”.

Nel parlare dell’edificio, tiene a precisare che gli inquilini sono soprattutto “famiglie, affittuari e studenti fuorisede” e che lì la vita scorre lenta e tranquilla. Sempre pronti ad ovviare alle emergenze e alle esigenze dei condomini, attivi sin dal primo mattino e per tutta la giornata, fino al tardo pomeriggio, Rita e il marito hanno vissuto nel palazzo sin dall’inizio del loro incarico e hanno visto il quartiere crescere ed evolversi: nulla è cambiato nelle sue architetture, ma sono diminuiti i negozi italiani che, oggi, è possibile “contare a malapena sulle dita di una mano” e tanti sono stati gli stranieri che, negli anni, lo hanno popolato o scelto come sede della propria attività professionale. Alla fine della conversazione, con un velo di tristezza nello sguardo, Rita ci dice come il lavoro del custode stia lentamente sparendo e di come, presto o tardi, i palazzi perderanno “pezzi preziosi della loro storia”.