“Anche le donne sono delle combattenti. Vengono colpite dai proiettili ogni giorno, anche se non stanno in prima linea al fronte. Vivono anche loro gli orrori della guerra e noi giornaliste reporter vogliamo raccontare il loro punto di vista”. Natalia Sancha ha coperto il Medio Oriente negli ultimi tredici anni come fotoreporter, con sede a Beirut. Dal 2015 al 2021 è stata corrispondente del quotidiano El País interessandosi alle rivolte arabe e ai conflitti in Siria, Egitto, Libano Yemen e Iraq. Qualche anno fa ha raccolto cinque testimonianze di giornaliste donne che operano in zone di guerra, soprattutto all’interno delle regioni arabo-musulmane. Con le loro storie ha creato un libro intitolato Balas para todas (proiettili per tutte). “L’intento dell’opera è stato quello di capire quanto sia importante lo sguardo di una giornalista in Paesi del Medio Oriente. La sua visione è più profonda, perché è quella che sta nelle retroguardie: dov’è che stanno le donne? Come sopravvivono?” Il libro è costruito attraverso una forma corale: tre giornaliste locali e tre straniere hanno raccontato la loro esperienza. Una di queste è Natalia Sancha stessa. “L’idea di progettare un libro del genere mi è venuta in mente quando mi sono trovata a confrontarmi con i miei colleghi maschi. Di notte, quando ero in spedizione e stavamo per addormentarci, ci confrontavamo sul materiale raccolto. Mi sono accorta lì che i dati che avevo scovato io erano diversi rispetto a quelli degli altri giornalisti”. Una narrativa nuova: più ricca e che abbraccia i soggetti più fragili durante i conflitti, cioè donne e bambini.

Nancy Porsia è una delle cinque donne ad aver preso parte al progetto di Natalia. Nancy è una giornalista italiana freelance ed esperta di Medio Oriente e Nord Africa. Ha vissuto in Libia per anni, coprendo la guerra civile nel Paese. “Nella maggior parte dei casi essere una giornalista in quelle parti del mondo significa avere un’azione limitata sul campo di battaglia. Però ci sono tanti ambiti in cui essere donna è un vantaggio: per tutta la parte umanitaria. Le giornaliste entrano in “cucina”, i giornalisti fanno più difficoltà. Siamo percepite meno invasive e le donne e i bambini locali ci fanno entrare nelle loro case, ci vedono quasi come parte della loro famiglia”. Si costruisce così una narrativa più inclusiva, che va a completare l’immagine del conflitto combattuto al fronte.

“Le giornaliste donne riescono a raccontare i conflitti in modo più inclusivo, perché riescono ad entrare nelle case delle persone più vulnerabili: le donne e i bambini”. Nancy Porsia, reporter di guerra.

Natalia Sancha spiega la scelta del titolo del libro: “Per me era importante mettere sullo stesso livello i giornalisti e le giornaliste e i locali e le locali di una zona di conflitto. Tutti quanti combattono, chi nelle retrovie chi in prima linea”. Porre sullo stesso piano, però, non significa annullare le potenzialità del proprio genere. “In determinate parti del mondo essere donna o essere uomo è fondamentale nella dinamica di interazione tra i giornalisti e le fonti (i locali)”, commenta Nancy. Natalia, però, aggiunge un particolare importante: “Noi giornaliste siamo un elemento ibrido, perché quello che facciamo noi (andare al fronte o parlare con una milizia) non è permesso alle donne arabo-musulmane. Le giornaliste donne possono raccontare il conflitto in modo più inclusivo”. Può accedere che l’accesso al fronte sia limitato alle giornaliste, ma tanto dipende anche dal carattere che la giornalista ha. Secondo l’esperienza di Nancy Porsia: “A parte qualche caso sporadico non ho mai avuto grossi problemi nel seguire un conflitto. Quello che ho dovuto fare è stato limare quella parte di me che invece ha una natura più sorridente e più socievole. Ho dovuto chiudermi in una maschera che mi metteva a riparo da certi fraintendimenti. In alcune culture l’uomo può permettersi di fare il simpatico, la donna no. Se ci sono malintesi, la giornalista può essere in pericolo”. Tutto dipende anche dalle zone in cui si opera. Tuttavia, ovunque una giornalista donna vada troverà quasi sicuramente più porte della cucina aperte rispetto a un giornalista uomo.