Sa Chida Santa (Settimana Santa), che culmina ne Sa Pasca Manna (Domenica di Pasqua), è una successione di percorsi, gesti e parole – recitate e cantate – gocciolanti di fede e commozione. Si manifestano, mentre il sole schiarisce l’azzurro e il vento si sbarazza delle poche nuvole che s’accampano sul cielo, nella liturgia del Venerdì Santo, all’interno delle chiese e sulle strade di Cagliari.
Si possono cogliere anche prima che, intorno alle 13, i fedeli varchino il sagrato di quella di San Giovanni Battista, nel quartiere Villanova, per accompagnare i simulacri del Cristo Crocifisso (Su Monumentu, anticipato da due ali di consorelle, vestite a lutto e velate, che stringono un cero) e della Madonna Addolorata (pugnalata dalle sette spade dei dolori e preannunciata da due bambini che incarnano l’apostolo Giovanni e Maria Maddalena) alla Cattedrale di Santa Maria Assunta e di Santa Cecilia, a Castello, il giro di boa della prima processione del giorno del Cristo Morto.
È curata dall’Arciconfraternita della Solitudine, una delle tre dedite alle celebrazioni della Settimana Santa: le altre sono quelle del Santissimo Crocifisso e del Gonfalone di Sant’Efisio Martire che si occupano, rispettivamente, delle processioni del pomeriggio, dalla collegiata di San Giacomo (Villanova), e della sera, dalla chiesa di Sant’Efisio (Stampace), nelle quali sono esposti is nenneris, i vasi di terracotta, abbelliti con dei nastri colorati, nei quali germogliano il grano o i legumi coltivati, al buio, il Mercoledì delle ceneri.
Fin da bambina, Marta Gessa, nata e cresciuta nelle viuzze di Villanova – incastonate in case variopinte e ornate da fioriere rigogliose – sente Sa Chida Santa da credente: «È, sicuramente, uno dei momenti più attesi dell’anno. Ho avuto modo di vivere i riti pasquali da diversi punti di vista: i momenti aperti al pubblico e quelli limitati ai soci perché i miei genitori e una delle mie zie appartengono all’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso». Ripensa, per esempio, «agli abiti da confratello e consorella di mia madre e mio padre che vedevo in casa. Li aiutavo a sistemare le pieghe, il cordone, i rosari, i veli e i cappucci» e «alle statue che, quando passavano, sembravano così grandi e imponenti».
La fascinazione per la Settimana Santa, avviata con Sas Prammas (Domenica delle Palme), l’ha convinta ad amministrare e animare, su Facebook, il gruppo dell’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso e, soprattutto, a studiare – in proprio – le sue origini e celebrazioni, sebbene la carenza di documentazione la sfavorisca: «Non si sa a quando risalgano i primi riti paraliturgici; al contrario, la drammatizzazione degli eventi legati alla Passione nasce nel Medioevo, e in Sardegna è un retaggio della dominazione spagnola, dal XIV al XVIII secolo. Lo testimoniano alcuni testi, tra i quali la Passione composta da Sigismondo Arquer, restata incompiuta, e Passiòn de Cristo nuestro Senor di Juan Francisco Carmona, che riguardano i riti più complessi, che prevedevano una vera e propria messa in scena degli eventi».
I «più semplici, diffusi, probabilmente non oltre la metà del XVI secolo, se non nel XV» sono quelli che contraddistinguono Sa Chida Santa a Cagliari, come S’Incravamentu (la crocifissione di Gesù) che si compie in questo Venerdì Santo al quale contribuisce, con la sua voce, Mauro Branca. È il “capomassa”, ossia il direttore dei Cantori di San Giovanni Rione Villanova Cagliari, dal 2001, ma vi si è intrufolato a nove anni, contro il volere del padre, in una domenica di Quaresima del 1980: «Da molto prima avevo richiesto ai miei genitori di poter fare parte del coro. La mattina arrivai alle prove e mi misi in fila nel gruppo dei sopranini, le voci bianche. Il “capomassa” era un cugino di mio babbo. Lo guardai, restando in silenzio e ripetendo fra me e me, “fammi restare, ti prego”. Lui, non so se sotto l’influenza dei miei occhi imploranti, mi fece restare. Per noi, bambini del rione, era bellissimo fare parte dei Cantori. Non avevamo grandi impegni, giocavamo per strada, e l’inizio delle prove era entusiasmante».
Oggi, come per l’intera Settimana Santa, veste un saio bianco, con un cappuccio rigirato, stretto alla vita da un cordone panna da cui pende un rosario in legno, e dirige la colonna sonora di uno dei momenti della Passione di Gesù, simboleggiata dai due stendardi neri sui quali sono ricamati il gallo, i chiodi, la spada, il mantello e i dadi dei soldati romani. Intona in falso bordone, insieme alla “massa” – è composta da una novantina di persone, dai quattro agli ottant’anni, e non solo confratelli –, il repertorio di ventinove canti che «proviamo, con impegno e passione, tutte le sere della Quaresima, dal lunedì al sabato, per un’ora, nella chiesetta di San Giovanni».
Dove, dopo aver percorso “La via del Calvario”, rientra, spinta dalla confraternita e dai fedeli che le hanno affidato le preghiere e le gioie, le attese e le speranze, la Madonna Addolorata. Domenica – incoronata, con un mantello azzurro e un mazzo di fiori tra le mani – s’inchinerà tre volte di fronte al Gesù Risorto (dopo Su Scravamentu, la deposizione dalla croce), con l’aureola e indosso una fascia rossa e dorata, sulla scalinata di Piazza Garibaldi. Avverrà S’Incontru e si suggellerà Sa Pasca Manna, in un arcobaleno di campane, canti e applausi.