Sono talmente sfiduciati che hanno smesso di cercare lavoro. I neet, acronimo inglese di not engaged in education, employment or training, sono persone che non sono impegnate nel ricevere un’istruzione o una formazione, non hanno un impiego né lo cercano. Solo nella provincia di Milano hanno raggiunto quota 78mila. Sono giovani tra i 15 e i 29 anni, pari al 17,6% della popolazione di questa fascia di età. Fra loro, più di otto su dieci non lavorano perché non hanno trovato un’occupazione. E solo in un anno, tra il 2012 e il 2013, i neet sono 10 mila in più, con una crescita del 14,7% in 12 mesi.
Numeri che fotografano una crisi economica devastante, anche in un’area del Paese spesso considerata ricca. In Lombardia i disoccupati sono inferiori alla media Europea (che si attesta all’11,9%), ma il vantaggio si riduce. In dieci anni, la regione passa da un tasso di disoccupazione del 3,8% nel 2002 all’8,1% del 2013. Più che raddoppiato, dunque. Tra i grandi Paesi europei, meglio dell’Italia (dove la disoccupazione nel 2014 è pari al 12,6%) stanno la Germania (4,9%), il Regno Unito (6,2%) e la Francia (10,3%).
L’indagine della Camera di commercio di Milano su 230 imprese milanesi e lombarde ha evidenziato l’immagine che le nostre imprese hanno dell’Europa. Con valutazioni positive su buona parte dei temi proposti (come ambiente, euro, infrastrutture, imprese, ricerca, cultura e turismo), che però precipitano quando si parla dei giovani, dell’occupazione e degli stranieri.
La debolezza dell’Europa maggiormente avvertita dalle imprese riguarda le opportunità per i giovani. Su questo tema, due giudizi su tre sono negativi. Per i giovani, le imprese ritengono che l’area migliore siano invece gli Stati Uniti, ma anche l’Australia e la Cina. In Europa, piuttosto, si dovrebbero fare scambi internazionali sul lavoro giovanile e uno su tre vorrebbe opportunità di lavoro e stage a quote fisse per i giovani. I numeri relativi ai neet, anche a Milano, parlano chiaro.
La crescita ha riguardato chi sta cercando attivamente un’occupazione (5 mila in più, con un incremento del 14%), ma anche i cosiddetti scoraggiati, ovvero coloro che non hanno cercato lavoro nell’ultimo mese perché hanno perso la speranza. Questi ultimi sono stati quasi 24 mila nel 2013. Ci sono poi i giovani realmente inattivi, quelli che non studiano, non lavorano e non desiderano lavorare. A Milano, l’anno scorso, sono stati 13 mila. Un dato – questo sì – in linea con quello del 2012.