Delicate, non adatte, forse addirittura portatrici di sfortuna. Per molti anni, anzi secoli, la presenza di una donna su un’imbarcazione era esclusa, figuriamoci permetterle di esserne al timone. Eppure, da qualche anno, le agitate acque del Mediterraneo sono state affrontate da un gruppo tutto al femminile, che a bordo di un gommone hanno percorso un raid di 640 miglia, diviso in quattro tappe, attraverso i mari Ionio, Tirreno e Ligure, per poi concludere la loro avventura domenica 22 settembre al Salone Nautico di Genova. L’avventura e’ stata patrocinata da Confindustria Nautica e sponsorizzata da varie aziende del settore, e il cui ricavato verrà totalmente devoluto all’Associazione Lorenzo Perrone, che a Milano si occupa di assistere in modo completamente gratuito persone affette da malattie oncologiche e i loro famigliari. Tra le partecipanti a questa iniziativa era presente Barbara Kal, attrice e presentatrice televisiva: «Il mondo della nautica è un mondo che utilizza come simbolo il mare, che ha un significato di trasformazione, di trasporto, di accoglienza, e in questo caso, nella nostra avventura in rosa, valorizza l’immagine della donna e crea grande sinergia. La nautica ha sempre più bisogno di figure femminili fondamentali che possano rivestire dei ruoli dal punto di vista istituzionale ma anche rappresentative di cose importanti».
L’edizione di quest’anno
«Questa iniziativa è stata ideata nel 2022 da Antonio Aiello, imprenditore nautico di Milano, che ha voluto appunto un raid di sole donne. Ho pensato che sarebbe stato bello collegarlo a qualcosa di speciale, che potesse non solo dimostrare che le donne sono in grado di navigare, ma anche unire il mondo femminile per qualcosa di molto importante», racconta Sara Aiello, figlia di Antonio e membro della ciurma delle “Mediterranee”. Sara ha poi spiegato le varie tappe che hanno contraddistinto questo viaggio in mare. In ognuna di esse alcune delle donne sul gommone, circa sei per tappa, scendevano a terra, e subito ve ne erano altre pronte a dar loro il cambio per affrontare le tappe successive. Sono circa una ventina dunque le donne che hanno partecipato, e alcune di loro sono state presenti in ogni tappa del raid.
L’avventura è cominciata a Porto Rossi, a Catania dal quale le donne al timone hanno percorso 103 miglia in quattro ore e quaranta minuti, affrontando le correnti dello Stretto di Messina, raggiungendo Amantea. Da lì il viaggio è continuato fino a Napoli, circa 136 miglia, che la ciurma ha raggiunto in circa sei ore. Ma la parte più avventurosa del viaggio è avvenuta tra Latina e Porto Santo Stefano, ed e’ durata di 10 ore e lunga 120 miglia: qui l’equipaggio ha affrontato una situazione di mare grosso con onde alte anche due metri, per poi raggiungere Piombino in circa tre ore, in una situazione analoga. L’avventura si è poi dovuta concludere prematuramente a causa del maltempo e della stanchezza delle donne, provate dalla fatica del mare mosso. “Siamo comunque estremamente orgogliose dell’impresa compiuta fino a Piombino e dei risultati in termini di raccolte fondi”, recita il comunicato finale del viaggio. In effetti, grazie a questa iniziativa sono stati raccolti 37mila euro.
Fondi per un Progetto nobile
Come promesso fin dall’inizio del raid, i fondi raccolti da sovvenzioni e sponsor saranno donati interamente all’associazione Lorenzo Perrone, attiva a Milano fin dal 2007 e gestita da Riccardo Perrone, ex giornalista e padre di Lorenzo: «Il mio primogenito Lorenzo, anzi il nostro primogenito, perché io e mia moglie abbiamo vissuto insieme questa disgrazia, non era nemmeno maggiorenne quando si è ammalato di una forma di tumore del sangue molto grave: un linfoblastoma che, nel 2007 in sei mesi, lo ha portato via. Quando si è ammalato, ed ancora sembrava esserci uno spiraglio di speranza, avevamo parlato con lui di fare qualcosa per assistere chi stava affrontando una situazione analoga. Un mese o due prima che mancasse gli dissi: “Tutto quello che sta succedendo deve avere un senso, e noi gli daremo un senso, fondando un’associazione”. Lui rispose: “Mi sembra un progetto molto nobile”».
Spesso ci si dimentica che dietro ad un malato oncologico vi è una persona, e soprattutto vi è anche la sua famiglia, sulla quale si abbattono innumerevoli difficoltà, psicologiche ed economiche. E proprio tentare di rendere più sopportabili queste difficoltà è l’obiettivo dell’associazione che per il suo lavoro impiega volontari ma anche professionisti e psicoterapeuti retribuiti: «Mentre Lorenzo è stato curato nel migliore dei modi, ci eravamo accorti che ci mancava quell’essere presi per mano e sentirci accompagnati nelle piccole cose di tutti i giorni», spiega ancora Riccardo. È nata così la Casa Lorenzo Perrone, con uno sportello di ascolto attento ai bisogni delle famiglie e che offre supporto psicologico e consulenze. Abbiamo inoltre stretto un accordo con un centro sportivo e proponiamo ai nostri utenti ginnastica dolce gratuita per aiutarli nel loro recupero.».
A questi servizi si è poi aggiunto l’“accompagnamento”, un problema che può essere molto difficile da risolvere in situazioni in cui le famiglie non siano automunite: «Io e mia moglie guidiamo entrambi e siamo forniti di autovettura. Ci siamo resi conto che per i malati oncologici, soprattutto di una certa età, il trasporto è un problema enorme, specie se le famiglie non hanno un mezzo proprio. Abbiamo cominciato con l’aiuto di qualche volontario che metteva a disposizione le proprie macchine nel 2016, un anno dopo l’apertura della casa di Lorenzo, e nel 2017 abbiamo organizzato il nostro primo servizio di trasporto sanitario con un mezzo. Io comunque preferisco chiamarlo accompagnamento perché, se i pacchi si trasportano, le persone invece si accompagnano».
“Cuore Rosa”, dalle donne per le donne
Non bisogna dimenticare che tra i malati oncologici vi è una grande quantità di donne. Ed è proprio a loro che si rivolge l’iniziativa Mediterraneo in Rosa. Molte delle donne che vi hanno partecipato hanno infatti provato, chi sulla loro pelle, chi su quella di membri delle proprie famiglie, la malattia tumorale. E mentre andava avanti con la sua iniziativa, Riccardo ha notato qualcosa: «Fino al 2020 i volontari del trasporto erano tutti uomini. Ci siamo resi conto che molte donne, soprattutto operate al seno o con tumori ginecologici, non amano parlarne con un uomo. Allora ci siamo inventati un progetto chiamato Cuore Rosa e, sotto l’egida dell’Istituto Nazionale dei Tumori di via Veneziano, abbiamo messo in servizio una seconda vettura e abbiamo reclutato oggi un team formato una decina di volontarie.. E proprio per finanziare quest’iniziativa abbiamo inaugurato la raccolta fondi del raid nel Mediterraneo, compiuto “dalle donne per le donne”».