Un colore, tredici nuove stazioni e una flotta di trenta treni nuovi di zecca che collegheranno Est e Ovest in poco più di venti minuti. Ieri in città non si parlava d’altro dalla mattinata, da quando cioè è iniziata la cerimonia ufficiale con le grandi autorità a tagliare il nastro tricolore. E mentre ai cancelli ancora chiusi in piazza Tirana si assiepavano già i curiosi, qualche decina di metri sottoterra stampa e maestranze hanno inaugurato il brivido di “catapultarsi” dal vecchio scalo ferroviario di San Cristoforo all’aeroporto di Linate in tempi record.

Tutto è iniziato intorno alle dieci, con l’arrivo degli ospiti istituzionali. Ad aprire la carovana, l’arcivescovo ausiliare emerito Erminio Descalzi chiamato a benedire l’opera, seguito dal sindaco Giuseppe Sala, dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e dall’amministratore delegato dell’impresa costruttrice WeBuild Pietro Salini. Prima tappa, lo svelamento della targa dedicata a Raffaele Ielpo, l’operaio lucano deceduto proprio su questo cantiere il 13 gennaio 2020, travolto a 42 anni da una scarica di detriti a diciotto metri di profondità. Un minuto di memoria e raccoglimento alla quale anche la banda cittadina ha partecipato intonando il silenzio e cha ha rischiato però di essere anticipato quando, mezz’ora prima, il drappo con i colori cittadini è scivolato lasciando intuire ai giornalisti cosa nascondesse.

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La nuova stazione di San Cristoforo

Poi è arrivato il momento dei discorsi istituzionali e del fatidico taglio, celebrato dai presenti con un lungo applauso e qualche brindisi sulle note dell’inno meneghino per eccellenza, “O mia bèla Madunina” in un’atmosfera da grande festa italiana. Nelle parole dei big, tanti ringraziamenti ai protagonisti dell’impresa, i caschetti rossi radunati ad ascoltarli davanti ai tornelli lasciati spalancati, e anche qualche polemica sottotraccia: «Ho pensato a quanto sarebbe cambiata la mia vita di ragazzo cresciuto al Lorenteggio se fosse esistita questa metropolitana. Giambellino oggi non è più quella del Cerutti Gino, ma di tanti studenti, lavoratori e professionisti a cui sono contento di dare un contributo», ha detto Salvini, auspicando la prossima realizzazione delle altre linee annunciate nei progetti dall’Amministrazione. «Le grandi infrastrutture sono frutto del lavoro di molti. Ora vogliamo costruire una grande rete e per riuscirci è necessario che la politica non si divida almeno su questi temi. Lo spirito ambrosiano deve arrivare in Parlamento», ha concluso con un ovvio riferimento al “suo” ponte sullo Stretto di Messina. Più informativo l’intervento del sindaco Sala che ha ripreso le parole del concittadino tracciando le coordinate delle tante opere infrastrutturali alle quali il Comune sta collaborando: «Stiamo lavorando per portare la M1 a Baggio e la M5 a Monza, per allungarci a Segrate e collegare la metro all’alta velocità. Quest’opera è epocale ed è frutto del lavoro di molti, ma c’è ancora tanto da fare e da migliorare. In città è non solo. Gestiamo infatti la metro di Copenaghen e il 30 novembre, a Salonicco, inaugureremo un’altra linea». L’augurio dell’ad Salini invece è stato tutto per i suoi operai: «Un’avventura straordinaria come questa è stata resa possibile solo grazie alla collaborazione di 1600 aziende, 16 mila persone fra maestranze dirette e non. Neanche la pandemia ci ha fermato, dobbiamo essere orgogliosi dell’ingegneria italiana». L’ultimo appuntamento è stata infine la benedizione, preceduta da una riflessione dell’Arcivescovo Descalzi. «La metro unisce e crea rapporti. Sant’Ambrogio ci invita a cercare sempre il nuovo e custodire ciò che è stato. Ora che questa nuova linea è pronta, sarà compito dei cittadini farne buon uso».

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Il momento del taglio del nastro tricolore con il ministro Salvini e il sindaco Sala

Alle 10.30, uno degli avveniristici treni attendeva già i suoi passeggeri in banchina. Destinazione Linate, senza fermate. Un viaggio breve su un treno forse un po’ troppo stipato (d’altronde dovevano essere due) fra ingombranti telecamere, occhi sgranati, commenti ad alta voce, ironia e giubbotti gialli a godersi il risultato di un cammino cominciato molto prima del 2015. Linate sembra vicina e così il buffet dove centinaia di persone si lanciano ad accaparrarsi un calice da spumante per il brindisi. A festeggiare ci sono anche Domenico e Sebastiano, del reparto gestione ambientale e appalti WeBuild: «Abbiamo lavorato qui per circa cinque anni e ora quest’impresa la sentiamo un po’ nostra. Ma guardiamo già ad altri traguardi. Finito qui ci trasferiremo a Trento e Vicenza per completare la Tav», commentano col sorriso già rivolto al futuro. Intanto, i vagoni di ritorno hanno aperto le porte. Stavolta, le autorità si fermeranno a San Babila, più vicine alle loro sedi. Quando il treno rallenta, oltre il nastro rosso che sbarra l’accesso ai comuni mortali, c’è una folla stranita. «Ma come, non ci fanno passare? Questo tratto è aperto da anni», si domanda in lontananza una signora.

L’apertura al pubblico: una giornata sulla nuova tratta

Neanche il tempo di far defluire il traffico dell’inaugurazione che, meno di un’ora dopo, l’annuncio di un operatore Atm saluta il pubblico che già preme, mentre la saracinesca da mesi abbassata si solleva per la prima volta. «Buongiorno a tutti, da questo momento M4 è in servizio fino a San Cristoforo»  dice la voce. In anticipo di ben due ore sulla tabella di marcia, che prevedeva l’apertura a tutti passeggeri entro le 13.30. Le stesse parole, pronunciate da operatori diversi, si ripetono lungo tutto l’asse ogni dieci minuti. In Largo Gelsomini, gli storici pensionati del quartiere hanno rinunciato a rimanere sotto le coperte qualche momento in più in questo 12 ottobre come tanti altri, per assistere a un evento che qui è senza precedenti. Ci sono tutti e scendono un po’ straniti dalla scala mobile appena entrata in funzione: «E i politici dove sono?» chiede all’amico il signor Tonino. «Dicono che non c’è nemmeno l’autista, non è pericoloso?» gli risponde con un’altra domanda Rosario. «Davvero, oggi non si paga il biglietto!», si stupisce un altro. Tutti vogliono provarla e scendono frettolosamente verso i binari. Qualcuno ha acquistato la tesserina RicaricaMi per l’occasione.

Stesse scene in piazza Frattini, davanti al supermercato Lidl molto più affollato dei fine settimana precedenti. Chi esce, non importa quante buste abbia, prende l’ascensore e si dirige alla M4 per provare il brivido di tornare a casa così. Tra gli scaffali non si parla d’altro e i bambini festeggiano giocando con i palloncini blu distribuiti per l’occasione. In via Tolstoj invece, un gruppo di ragazzi legge i nomi delle fermate cercando di impararli a memoria e si domanda quando arriveranno le band assoldate dall’Amministrazione comunale per suonare a ogni fermata: «California, Bolivar, Tolstoj…è una metro internazionale»  ironizza uno di loro. Nel frattempo, stanno arrivando le band. In San Babila, alle 17, c’è il concerto dei Santi Francesi ma dura poco: la troppa folla accorsa ostacola il passaggio e la sicurezza deve allontanare tutti. Fuori, all’esterno di tutti i “punti blu” disegnati sulla mappa dal nuovo filo metropolitano, associazioni ed enti benefici promuovono attività per la cittadinanza. Corsi di primo soccorso, laboratori solidali e giochi per i più piccoli, mentre i vagoni cominciano ad affollarsi. C’è chi ci è salito per raggiungere più velocemente l’aperitivo del sabato pomeriggio e non sembra più di tanto coinvolto. Altri invece, dai ragazzini agli anziani, non fanno che guardarsi intorno, pensando di star vivendo una giornata da ricordare. La sorpresa più inattesa però arriva dal centro città: a De Amicis e Sant’Ambrogio le stazioni custodiscono infatti i resti archeologici rinvenuti durante gli scavi. Sono i resti del vecchio naviglio di San Gerolamo, risalenti al XIII secolo e ora incastonati come un diamante raro in un gioiello d’acciaio. Per anni hanno rischiato di venirne annientati, ora ne sono diventati parte, in un connubio fra storia e progresso di cui, nel mondo, possiamo essere ancora fra i pochi a pregiarci.

Cantieri e commercianti sul piede di guerra

Proprio alla fermata De Amicis, un altro nastro rosso impedisce ai passeggeri di accedere a una piccola area dove sembra esserci già un’infiltrazione. Il pavimento bagnato in questa stazione e il primo guasto su tutta la linea (a meno di 24 ore dall’inaugurazione) non sono però le uniche problematiche a gettare qualche ombra sulla festa. Fra i commercianti che si affacciano con i propri esercizi lungo il tracciato dell’appena inaugurata linea 4, gli umori  sono contrastanti. Per non dire indifferenti. Soprattutto lungo l’asse De Amicis-Gelsomini, dove la durata quasi decennale dei lavori e la non facile convivenza con deviazioni e cantieri ancora aperti hanno creato i maggiori grattacapi.

I problemi qui sono stati gli stessi per tutti: meno passaggio sulla via, crepe o marciapiedi sollevati, passaggi stretti e un dialogo difficile con il Comune e gli enti preposti. Massimo Monti, negli anni, ha raccolto quelle di più di 90 colleghi al Lorenteggio e se ne è fatto portavoce come presidente del comitato di quartiere AsseLor, nato proprio con questo obiettivo. Quando abbiamo chiesto di segnalare meglio la presenza dei nostri esercizi oltre gli scavi con indicazioni abbiamo faticato a ottenere risposta ed è stato così anche per ricevere i sussidi». Al centro dell’antica Mediolanum, i lavori sono stati rallentati anche dal ritrovamento dei reperti. E chi ha investito qui sperando in una più rapida chiusura dei cantieri, si è ritrovato nei guai. Come spiega Saky Udin, dal bancone del suo negozio di articoli per cellulari proprio nella vicina via De Amicis. «Ho aperto due anni fa, scegliendo questa zona perché con la metro sarebbe arrivata più gente. Ora mi ritrovo con un affitto da tremila euro al mese e neanche la metà dei ricavi. Dicevano che avrebbero concluso a fine anno, ma la verità è che arriveremo fino almeno a marzo».