La gang messicana di Los Zetas ha la cocaina, la ‘Ndrangheta italiana la fa entrare e la spaccia. Messico-Calabria è l’inedita rotta sperimentata dagli spietati Los Zetas venuta alla luce con l’Operazione Solare, indagine italo-americana del 2008.

Cynthia Rodriguez, giornalista messicana e inviata dal 2006 a Milano per la rivista Proceso, è stata tra le prime a denunciare il patto tra Los Zetas e la ‘Ndrangheta. E lo ha fatto in un libro d’inchiesta, Contacto en Italia, pubblicato in Messico due anni fa e fra qualche mese nelle librerie italiane in versione aggiornata.

Nata a Città del Messico nel 1972, Cynthia Rodriguez si occupa di giornalismo da quando aveva 16 anni. «Da tempo la situazione in Messico è preoccupante. Negli ultimi quattro anni si sono registrate ben 35mila morti violente. Ma ai narcos non interessa tanto seminare violenza, quanto fare soldi. L’obiettivo della mia indagine è stato capire le ragioni che stanno dietro questo enorme traffico di droga». Una di queste è l’aumento del 50% della produzione di eroina e marijuana così come della dipendenza da queste sostanze.

Da quando i controlli al confine con gli Usa furono rafforzati con lo schieramento di 30mila agenti, i narcos centroamericani si sono messi alla disperata ricerca di nuovi mercati. E i gruppi criminali locali di tutta Europa si sono mostrati subito interessati. In Italia, la “coca” ha iniziato a viaggiare nelle valigie dei corrieri che atterravano a Lamezia Terme, o per posta. «All’inizio si pensava che l’interlocutore italiano dei trafficanti fosse Cosa nostra, perché era l’unica mafia italiana che conoscevamo», afferma l’inviata di Proceso. «Ma dopo le rivelazioni dell’Operazione Solare, per la prima volta abbiamo sentito parlare di ‘Ndrangheta». La giornalista messicana non ha perso tempo, e di questa indagine ha voluto subito ricostruire il retroscena, studiando i faldoni dell’indagine Solare e la prima relazione della Commissione parlamentare antimafia sulla ‘ndrangheta.

L’autrice fa un parallelo tra la realtà messicana e quella italiana, mettendo in evidenza la strategia antimafia del nostro Paese: «L’Italia ha un sistema giudiziario forte e affidabile, e la società è tutta quanta unita nella lotta contro la criminalità. In Messico, invece, c’è ancora troppa corruzione e la gente sembra sempre più rassegnata». Lo scambio di informazioni online non è stato molto d’aiuto per denunciare o sventare episodi di criminalità: «E’ vero che su internet la gente può denunciare gli incidenti e mettere in guardia gli altri da possibili disordini, – continua Rodriguez – ma è altrettanto vero che gli stessi narcotrafficanti utilizzano la rete, inficiando la libera comunicazione». In particolare, la giornalista sottolinea che, a differenza del Messico, in Italia esistono organizzazioni come Libera, che si preoccupano di riconvertire i beni confiscati alla mafia con fini socialmente utili.

Nel lavoro d’inchiesta non sono mancati i momenti difficili, eppure non si è mai tirata indietro, ha continuato nella sua ricerca con la passione e la consapevolezza di chi sa che sta facendo qualcosa di veramente rivoluzionario per il bene della propria terra. «In Calabria ho percepito una violenza sotterranea: mentre in Messico è manifesta ed è normale assistere a uccisioni, nelle città calabresi è palpabile nella pesante atmosfera che si respira. Nonostante ciò, non ho avuto difficoltà a raccogliere i giudizi dei calabresi». Accompagnata solo da un tassista, Cinthya Rodriguez ha esplorato alcuni dei centri simbolo della ‘ndrangheta, tra cui San Luca, Gioiosa Ionica, Reggio Calabria, Gioia Tauro, Rosarno, Scilla, Polistena e Palmi.

In Messico Contacto en Italia ha venduto 10mila copie. Un numero esiguo per l’Italia, ma non per il Paese americano: «L’inchiesta – racconta ancora Rodriguez – è stata apprezzata anche dai colleghi giornalisti, perché le condizioni in cui lavorano rendono difficile, al limite dell’impossibile, fare inchieste: i fatti si succedono in modo così convulso che è impossibile approfondire anche i temi più importanti».

Sono 65 i giornalisti che negli ultimi dieci anni sono stati uccisi nello Stato centroamericano; 11 sono scomparsi e altrettante sedi di giornali sono state oggetto di attacchi. Cynthia Rodriguez non si arrende, ha già in mente di scrivere un nuovo libro d’inchiesta sempre sulla criminalità organizzata nel contesto internazionale, in cui il Messico sarà più protagonista, e di aprire un blog per raccontare al mondo intero il dramma che ormai da troppo tempo sta straziando il popolo messicano.

di Chiara Daina