«Quando ho ottenuto la cittadinanza italiana non ero felice e quel giorno non me la sentivo di festeggiare. Proprio mentre stavo giurando sulla Costituzione, mentre pronunciavo la mia promessa di fedeltà al Paese in cui sono nata, un funzionario mi ha chiesto: “Capisci quello che sto dicendo?”. In quel momento sono stata investita da un’umiliazione profonda e ho pensato che non avrei mai potuto essere italiana fino in fondo».

Anna Maria Gehnyei, anche nota come Karima 2G, è una cantante e autrice di origine liberiana e nata a Roma. La sua è una delle voci che hanno animato questa edizione di Book Pride 2023, contribuendo a realizzarne l’intento di «rimarcare che tutto ciò che avviene su questo pianeta riguarda ognuno di noi; che l’altro, il diverso, è solo un’altra parte del noi; che nessun luogo è davvero lontano».

I quattro percorsi – Mappe, Rifugi, Fughe e Visioni – che permettono di orientarsi nella cartina geografica della Fiera invitano infatti a volgere lo sguardo laddove pochi si soffermano e a «sognare quello che ancora non è possibile vedere». Karima 2G ha fatto invece di una di queste mete, trascurate e dimenticate, l’oggetto e il titolo del suo romanzo: Il corpo nero.

«La scrittura è stata per me una terapia, attraverso la quale ho imparato ad accettare la bellezza della mia diversità e dare voce a tutti quelli che hanno vissuto una storia simile alla mia», racconta Karima 2G a Book Pride 2023.

«Sin da subito ho sentito che questo corpo era diverso dagli altri corpi – racconta l’autrice –. Mi ponevo delle domande che cambiavano con l’età e si facevano sempre più forti. Domande che mi hanno portata a prendere coscienza della mia fisicità, di come viene vista dagli altri e anche di come tu stesso la vuoi vedere; dell’annullamento cui spesso viene sottoposta, del trauma dell’oggettificazione, della sua riduzione a codice che cancella il senso di identità». Le parole di Karima sono la prova del valore terapeutico di una scrittura che favorisce la scoperta di sé, l’attraversamento del dolore e il superamento dei blocchi che ne derivano. Il risultato è il racconto di una storia personale che è anche universale: la stessa dei propri antenati, dei propri genitori, dei propri fratelli, di chi «ha vissuto un’esperienza simile ma non ha avuto il coraggio di scriverla».

Karima 2G in dialogo con la giornalista Sarah Kamsu e la scrittrice Mirfet Piccolo a Book Pride 2023.

Karima 2G in dialogo con la giornalista Sarah Kamsu e la scrittrice Mirfet Piccolo a Book Pride 2023.

Il corpo nero è un libro che narra ciò che non si sa dei ragazzi italiani di origine straniera, quelli che vengono definiti “di seconda generazione”, ponendo a confronto due “mindset” che, alla diversità del pensare in italiano e in liberiano, accostano anche un diverso linguaggio corporeo. «In un capitolo, per esempio, racconto il mio primo ciclo mestruale: qualcosa che qui è un tabù, in alcuni villaggi africani viene invece celebrato come un rito, perché è qualcosa di veramente importante. Questo ci fa capire come, pur stando in Italia, esista un mondo di pensieri, linguaggi, corpi che ci circonda e che assume tutta un’altra forma».

Una fiera dell’editoria indipendente che da spazio alla letteratura afro-americana è segnale di un’apertura: quella di saper riconoscere e accettare il cambiamento di società multietniche che risentono dell’apporto culturale dei figli della migrazione. «Negli Stati Uniti c’è molta ricerca e molto interesse in questo senso. Adesso però qualcosa si sta muovendo anche in Italia, soprattutto da parte delle nuove generazioni – Karima crede nel pensiero degli studenti e spesso li incontra –. Mi chiedono scusa, mi dicono che adesso che hanno conosciuto la mia storia faranno qualcosa per cambiare le cose, mi ringraziano. Questo è il potere della letteratura».

«Per molto tempo ho vissuto con un profondo senso di colpa: per essere nata in Italia, per essere nera, perché i miei genitori hanno subito tutto quello che hanno subito. Adesso ho imparato a riconoscere la bellezza della mia diversità e penso che probabilmente questa vita, come l’ho vissuta, era già scritta così prima che io nascessi, quindi perché sentirmi in colpa?».