TikTok non potrà più essere usato sui dispositivi del personale della Commissione europea. La Commissione ha, infatti, inviato una email ai dipendenti per avvertirli di eliminare l’app entro il prossimo 15 marzo , giustificando questo blocco con la necessità di garantire la sicurezza informatica sui dispositivi aziendali, per rispondere «il prima possibile a potenziali allarmi informatici». Un blocco «fuorviante» e «basato su un fraintedimento» secondo ByteDance, società privata madre del social cinese, con sede a Singapore.

Anche i dipendenti del Parlamento europeo hanno ricevuto la stessa direttiva:  la misura, in linea con le rigorose politiche interne di cybersecurity, prevede anche il controllo di altre piattaforme di social media e «mira a proteggere la Commissione dalle minacce alla sicurezza informatica e da possibili attacchi informatici contro l’ambiente aziendale», ha dichiarato un portavoce.

ByteDance ha contattato la Commissione per chiarire la situazione e spiegare come protegge i dati dei 125 milioni di persone nell’UE che visitano TikTok ogni mese e ha ricordato il proprio impegno nel rafforzare il piano di sicurezza dei dati con la creazione in Europa di tre nuovi datacenter, per garantire l’archiviazione locale delle informazioni degli utenti e non esportarle in giurisdizioni straniere, come la Cina.

Non è, tuttavia, la prima volta che il social cinese viene percepito come un pericolo: già la scorsa estate il profilo TikTok del Parlamento inglese (@ukparliment) è stato chiuso a seguito dell’opposizione dei conservatori.

Anche oltreoceano il social è stato bandito, per cui i dipendenti del Governo federale statunitense e di tutte le agenzie governative hanno 30 giorni di tempo per cancellare l’app dai loro dispositivi. Il 1° marzo, inoltre, la Commissione per gli Affari Esteri alla Camera ha chiesto di concedere all’amministrazione poteri straordinari per vietare l’app per motivi di sicurezza: un provvedimento che passerà in mano al presidente Joe Biden solo dopo l’approvazione di Camera e Senato. Ma se da un lato il presidente repubblicano della Commissione Michael McCaul ha paragonato il social «al pallone spia nel telefono», il democratico Gregory Meeks ha affermato che questo provvedimento rischia di «avvicinare le aziende alla sfera cinese, oltre a distruggere posti di lavoro e minare i valori americani fondamentali della libertà di parola».

Questa scia di divieti ha coinvolto anche i dispositivi dei dipendenti del Governo canadese: «Sono sempre favorevole a dare ai canadesi le informazioni necessarie per prendere le decisioni giuste per loro», ha affermato il primo ministro Justin Trudeau, giustificando così il blocco dell’app.

Non solo sicurezza dei dati: la battaglia che si sta combattendo sul social media cinese riguarda anche il rischio che possa diventare un mezzo di diffusione della disinformazione, attraverso canali sempre più veloci, diretti e che sanno parlare alle nuove generazioni.

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