Una città plurale: così, nel 2002, recitava il sottotitolo di una pubblicazione a stampa dedicata a Grammichele, città collinare dell’entroterra siciliano che sorge in un’area territoriale nota come Calatino e che può essere considerata la propaggine occidentale della provincia di Catania. Quel volume faceva riferimento ad un concorso internazionale che, di lì a pochi anni, avrebbe portato alla riqualificazione architettonica dell’ampio “salotto” della città: la piazza esagonale, che ne è anche il simbolo e l’elemento più rappresentativo soprattutto agli occhi dei turisti o di chi si imbatte, in vari modi, nel nome di Grammichele.

La piazza grammichelese per antonomasia, da qualche decennio, porta il nome di Carlo Maria Carafa, principe siciliano che diede il via alla costruzione del nuovo centro abitato, a soli tre mesi da quel violento sisma del gennaio 1693 che distrusse l’antico borgo di Occhiolà, antenato urbano di Grammichele e di cui oggi non restano che ruderi. La nuova città – che porta nel proprio nome quello dell’arcangelo Michele, protettore dai terremoti – presenta l’intera pianta esagonale, opera dell’architetto Fra Michele da Ferla, costituita da sei esagoni concentrici che si sviluppano a partire dalla piazza ed entro i quali si fa corrispondere, per convenzione, il centro storico.

Come in molti paesi siciliani, la piazza principale rappresenta idealmente il cuore pulsante della comunità. Un “battito” che, tuttavia, a Grammichele, da un po’ di tempo si avverte sempre meno, complice anche un progressivo spopolamento del centro abitato, salito peraltro all’attenzione delle cronache giornalistiche. Eppure, basta riavvolgere il nastro di qualche anno o, per le generazioni precedenti, riaprire l’album dei ricordi per ricordarsi un’altra città: vivace, creativa, innovativa, capace più di attrarre che di allontanare.

Un potere che, nel passato della città esagonale, ha avuto anche lo sport. A partire dal calcio, che come spesso capita, ha sempre suscitato maggior richiamo ed interesse. «Per me il calcio è lo sport di tutti, senza distinzione di classe: è una filosofia, un modo di vivere in cui tutti, a modo loro, sono innovativi». A parlare è Angelo Barone, uno tra i protagonisti sul campo degli anni d’oro del calcio grammichelese e che, non molti anni fa, ha voluto intraprendere una serie di iniziative per recuperare, ripercorrere e condividere, con la propria comunità, la storia del calcio cittadino. «Volevo fare un viaggio a ritroso, per capire da dove era partito il calcio a Grammichele – racconta Barone – e che è approdato a Grammichele negli anni Trenta, importato da un ragazzo che tornava da Torino e faceva il calzolaio: la prima partita si giocò nello slargo di Piano Immacolata e faceva parte di un quadrangolare denominato “Coppa Meazza”, in onore del celebre calciatore. Tutto questo prima che la squadra passasse in mano al partito fascista». Dopo l’intervallo forzato della Seconda guerra mondiale si passa quindi dal calcio giocato nelle parrocchie alle partite disputate nel primo “stadio” cittadino, nel quartiere della Silvia, e dove oggi sorge il serbatoio di rilancio della rete idrica comunale per arrivare poi alle prime autentiche formazioni locali: la Libertas – «prima squadra della città, che prese il nome dalla Dc, con giocatori grammichelesi e presidente il dottor Ravalli» – l’Aquila Grammichele, l’Officina Mantello. Barone sciorina a parole un lungo racconto che, alcuni anni fa, si è avvalso di una mostra (anche) fotografica, ancora oggi visitabile presso il Circolo Sport e Cultura, una delle tante storiche sedi ricreative di Grammichele che costellano Piazza Carafa. Realtà di cui oggi restano soprattutto le insegne ma che hanno avuto un ruolo attivo nel passato della città, anche a livello calcistico. Nel racconto di Angelo Barone, infatti, viene fuori un altro versante del calcio locale: quello dei campionati estivi, organizzati a livello privato ed in grado di far trasmigrare tutto il paese presso il campo sportivo di via Mendolara, anche al costo di rinunciare alle vacanze estive: «Noi non conoscevamo il mare», scherza Barone. «I tornei estivi erano vere e proprie guerre, in cui le squadre si formavano in base a gruppi che frequentavano determinati luoghi: c’era l’Rph che era la squadra della prima radio libera di Grammichele, oppure quella del Bar Sinatra che raccoglieva tutti gli sportivi del paese (altro storico luogo di aggregazione cittadina, nda) o ancora la squadra del circolo Autisti».

Se da un lato quella dei campionati estivi è una realtà pressochè sconosciuta o distante per nuove generazioni grammichelesi, dall’altro, a ricreare quel clima – da una decina d’anni a questa parte – ci pensa un’iniziativa calcistica che anima le sere d’estate in Piazza Carafa e che, proprio in questi giorni, è giunta alla sua decima edizione. È il Memorial Gaetano Anfuso, torneo dedicato ad una persona che con la sua passione e con il suo impegno ha dato tanto al calcio cittadino. Nelle prime edizioni l’evento, sospeso soltanto durante gli anni del Covid, aveva introdotto nella città esagonale la novità del calcio cubano, una variante che si gioca 3 vs 3 in un campetto in erba sintetica, dotato di sponde in legno e di porte dalle dimensioni ridotte. Ad oggi, invece, il Memorial si gioca 4 vs 4 su un rinnovato prato sintetico all’interno di una vera e propria arena temporanea, capace di attrarre giocatori e spettatori anche dai paesi limitrofi: «Per me e la mia famiglia l’orgoglio più grande resta quello di ricordare una persona che è sempre stata presente per Grammichele e la sua squadra», racconta con emozione Loris Anfuso – nipote del compianto Gaetano, scomparso nel 2009 – e che del torneo è oggi l’organizzatore: «Essere artefice di questo evento mi rende orgoglioso, anche quando vado in giro per le attività commerciali per organizzarlo e tutti condividono con me bei ricordi legati a mio zio. Questa manifestazione è un modo per sentirlo vicino a me: ricordo che mi diceva sempre che il suo ideale di calcio era l’unione, che è un po’ il simbolo del Memorial: un evento che unisce amici, parenti, giocatori, spettatori di tutte le età e capace di portare gioia anche a chi non è tifoso o seguace di calcio, perché per la gente è diventata un’occasione per uscire, anche con l’arrivo dell’estate».

Al nome di Gaetano Anfuso si legano alcune tra le pagine più belle della storia calcistica di Grammichele, che lui ha vissuto nelle mai inseparabili vesti di tifoso e di dirigente societario. Sono soprattutto quelle della Nuova Aquila Grammichele, sotto il cui nome, alla metà degli anni Novanta, rinacque il calcio locale, dopo un periodo di stasi e di cessione del vecchio titolo sportivo, ripartendo dal basso, dai giovani calciatori locali e dalla (parziale) riqualificazione del campo sportivo, tema quanto mai attuale e dibattuto soprattutto negli ultimi anni. Quella società, nell’arco di un decennio, avrebbe portato Grammichele alle soglie dell’Olimpo del calcio dilettantistico, nonché al picco della propria tradizione calcistica, rendendosi protagonista, il 13 maggio del 2007, di una storica qualificazione al campionato regionale di Eccellenza, ottenuta sul campo contro una blasonata società calcistica come l’Acireale.

Questa e molte altre pagine sono materialmente custodite, con passione e con zelo da un altro grammichelese, Luigi Damico che, ironia della sorte, a quello storico appuntamento al Dino Liotta di Licata non era presente a causa di un raro (e rimpianto) momento di distacco dal calcio locale. Appassionato fin da piccolissimo di statistica, Luigi colleziona ancora oggi oltre  27.000 copie fra quotidiani e riviste, soprattutto di taglio sportivo e locale, a cui si aggiungono più di 3800 libri di vario genere. Un’autentica miniera, rigorosamente cartacea, che per essere custodita ha reso necessario anche l’acquisto di un garage. «Nello specifico, del calcio grammichelese ho tutti gli articoli dal 1977 ad oggi, tranne l’annata 1981. Adesso, invece, sto raccogliendo tutti gli articoli di cronaca locale su Grammichele», racconta. Il lavoro certosino di Luigi – che lui tiene a definire come «un’autentica panacea, un motore fisico e mentale che mi fa stare bene e mi aiuta ad andare avanti in ogni cosa della mia vita» – non si limita alla sola collezione: dai giornali raccolti, circa una cinquantina a settimana, Luigi ritaglia le pagine di proprio interesse, per poi archiviarle all’interno di carpette ìcatalogate con scrupoloso ordine. «Della nostra squadra ho realizzato dei quadernoni scritti a mano con tabelloni e statistiche», spiega ancora Damico, che ancora oggi unisce al fascino per la carta la passione per la scrittura manuale, nonostante la difficoltà di reperire i cartacei e un impegno economico non indifferente per alimentare la sua passione. Luigi, infatti, ha deciso di seguire da vicino il percorso calcistico della neonata squadra dell’Esasport Grammichele, guidata e composta da calciatori della città che hanno rimesso in moto, non senza sacrifici, la carovana calcistica. «Oggi della squadra non si scrive più molto, motivo per cui quest’anno, qualunque condizione atmosferica ci fosse, sono andato al seguito della squadra e taccuino alla mano, ho raccolto le statistiche e realizzato i tabellini delle partite». Al netto di alcuni ex calciatori o di concittadini che, negli anni, si sono accostati all’ingente raccolta documentaria per interessi specifici o personali, Luigi esclude che «qualcuno abbia o abbia avuto l’idea di acquistare la collezione. Anche perché, di base, non c’è molto interesse verso le statistiche».

Tra i quotidiani più presenti in casa Damico c’è di certo La Gazzetta dello Sport, sulle cui colonne, nel lontano 1984 comparve anche l’allora Aquila Grammichele. «A mio parere quello fu l’anno migliore, al punto da essere citati sulla Rosea come squadra italiana che aveva preso meno gol nel girone di andata» ricorda con una certa emozione Aristide Scalone, che al calcio grammichelese ha legato il proprio nome come giocatore, prima, e come allenatore, poi. «L’allenatore di quella squadra era Nino Cantone, con un recente trascorso da giocatore in serie B col Catania», aggiunge. Nelle parole di Aristide sembra riemergere un gioioso passato che oggi appare molto distante: «Pur essendo in prima categoria, portammo migliaia di persone al campo sportivo: l’entusiasmo era tale che la gente veniva a seguire anche gli allenamenti. Di quell’anno ricordo benissimo lo scontro per la vetta con la capolista  Comiso, che avrebbe poi vinto il campionato: quando vennero a giocare da noi, abbiamo fatto 6 milioni di incasso e ci fu anche la prevendita». Last but not least, la presenza di giocatori di alto livello,  anche (o soprattutto) forestieri, come De Grandi, i fratelli Cracchiolo, Cardarella. Per i giovani calciatori locali, una valida alternativa, in quegli stessi anni, era rappresentata dall’Officina Mantello, società che non andò mai oltre il campionato di terza categoria e che prendeva il nome da quella che, per molti anni, fu una florida realtà industriale della città esagonale. Negli ultimi anni, Aristide Scalone è stato al timone dell’ultima squadra di calcio locale – il Grammichele Calcioche si è fregiata degli storici colori sociali, il giallo e il rosso. Alla pari di molti altri sportivi e concittadini, anche Scalone non nasconde il proprio disappunto verso l’attuale e disastrosa situazione del campo sportivo, oggetto, dal 2018 al 2023, di lavori di riqualificazione che si sono poi limitati alla realizzazione di spogliatoi sontuosi, lasciando per contro intatto – in terra battuta – il terreno di gioco, per il quale era in origine previsto il rifacimento in erba sintetica. Condizione necessaria e sufficiente, di certo, per poter ipotizzare un progetto calcistico di lungo termine ma che non è l’unica difficoltà riscontrata dall’ex allenatore: «Non c’è lentusiasmo che cera prima. A malincuore, Grammichele è un paese “narcotizzato” e non è rimasto quasi nessuno».

Ai piedi del Comunale di contrada Mendolara si trova un complesso di altre strutture sportive, divise dal primo soltanto dallo stradone extraurbano che i grammichelesi sono soliti percorrere per immettersi sulla strada che porta a Catania. Menzione speciale merita il campetto da calcio a 5, quel “campo piccolo” dove tanti giovanissimi abitanti della città esagonale hanno dato i primi calci al pallone coi pentagoni neri sotto gli scrupolosi ed affettuosi occhi di un altro autentico sportivo grammichelese, l’indimenticato mister Gaetano “Tano” Meli, scomparso di recente. E proprio negli ultimi anni, per gli amanti delle partite di calcetto tra amici, a quell’iconico “green” si è associato, a non molta distanza, il parquet della struttura sportiva polivalente.

A dividere le due superfici è la terra rossa dei campetti da tennis, a proposito del quale è lecito augurarsi che il sempre più dilagante “effetto Sinner” raggiunga anche la città esagonale. Quei campi, tuttavia, hanno ospitato anche un circolo tennistico, al cui timone c’era anche Gregorio Borzì e che poco dopo, con gli stessi compagni di avventura Santo Digeronimo e Lino Pennacchio, si sarebbe dedicato al fitness, aprendo una palestra in un locale sotterraneo sito alle spalle del Palazzo Comunale: «Col passare degli anni, è maturato in noi il desiderio di portare a Grammichele quello che vedevamo nelle grandi città; la nostra aspirazione era creare qualcosa di più bello e di più grande, per noi e per la città, di una palestra in uno scantinato», racconta Gregorio, con sulle spalle una lunga carriera sportiva da istruttore ed insegnante di educazione fisica. L’idea sua e degli altri tre soci Santo, Carmelo e Lino, ad ottobre 2010, si concretizza nella realizzazione della Benefit, centro sportivo che all’area fitness, unisce quella wellness mediante la spa. I soci, con notevole investimento, hanno realizzato praticamente da zero un impianto innovativo che è andato a sostituire quella struttura, che un tempo, avrebbe dovuto ospitare la piscina comunale, mai entrata in funzione come tale e di cui, ricorda Gregorio, «c’erano solo i muri e la vasca, non c’era neanche l’allaccio della corrente. Per recuperarla, il Comune fece un bando e noi ci presentammo con un progetto innovativo: fummo dei “pazzi” per le condizioni di degrado in cui versava la struttura». Al team di Benefit, che oggi tra soci, segretari e istruttori può contare su una ventina di unità, si deve negli ultimi anni la realizzazione di due campi da padel, collocati all’esterno del centro sportivo e in cui partite fra amici si alternano a lezioni con istruttori qualificati e, di recente, anche a tornei di crescente rilevanza. L’ultimo dei quali ha portato a Grammichele nomi importanti quali Mara Santangelo, Fabio Quagliarella, Flavia Pennetta, Francesca Schiavone. Il padel dunque, per Gregorio e soci, è quasi un ideale cerchio che si chiude, ripensando agli esordi in ambito tennistico: «Molto parte da quella passione iniziale per il tennis, non è solo una questione di business; anzi, buona parte di quell’investimento, che abbiamo auto-finanziato, lo dobbiamo ancora recuperare ma andiamo avanti grazie alla passione sportiva dei soci e del nostro staff». Borzì trova anche spazio per un monito relativo al futuro sportivo della città: «Noi abbiamo dimostrato, nei nostri ambiti, che si può fare qualcosa di importante nello sport a Grammichele: ci vorrebbero le competenze giuste e la giusta capacità di visione, senza dimenticare quella delle amministrazioni pubbliche, necessaria a supportare i progetti dei privati quando viene demandata loro la gestione delle attività sportive».

La passione sportiva e la visione imprenditoriale dei soci Benefit ha permesso, in quella stessa struttura, anche la messa in funzione della piscina esterna e per la quale rimane (al momento) congelato il costoso progetto di copertura dell’impianto. A Grammichele, dunque, ormai da parecchi anni, il nuoto rimane una disciplina praticabile soltanto nei mesi estivi. A crescere gli aspiranti nuotatori locali ci pensano, da due generazioni, anche altri due sportivi, Rosario Guglielmo – che, in aggiunta, insieme al padre, gestisce una palestra dove insegna arti marziali – e Carmelo Digeronimo, uniti da venticinque anni da una sincera amicizia, oltre che dalla collaborazione professionale all’interno della propria società sportiva, l’ASD Club Nuoto, che da un quarto di secolo propone corsi di nuoto a tutte le fasce di età in quella che, in origine, era la piscina della colonia estiva delle suore “Ancelle Riparatrici”. «Ancora per qualche altro anno vogliamo andare avanti, poi passeremo il testimone», scherza Carmelo, docente di educazione fisica, istruttore (anche) di ginnastica e, da poco, anche studente part-time di una scuola di Osteopatia a Roma. «Con gli anni abbiamo incrementato anche le fasce di età a cui ci rivolgiamo – precisa il coach – ma in termini di gestione delle classi dei corsisti e di fasce orarie siamo una certezza per la nostra comunità, perché non abbiamo mai cambiato gli orari dei nostri turni in 25 anni: non ne facciamo una questione di preferenza, siamo felici che la gente si abitui con un istruttore o con un altro». Se gli anni della pandemia, da un lato, hanno messo a dura prova la resilienza dello staff della struttura, date le rigide misure di contenimento anti-covid imposte in particolare modo alle piscine italiane, d’altro canto, aggiunge Digeronimo, «dal 2020 ospitiamo nella nostra piscina il centro estivo per i bambini: un modo, soprattutto per le famiglie meno abbienti, di far divertire i propri figli e farli avvicinare allo sport: vedere i bambini contenti è stata per noi una grande soddisfazione».

Nella propria attività da istruttore, Carmelo Digeronimo ha annoverato anche quella di allenatore di pallavolo, avendo ottenuto, poco più che ventenne, il brevetto della Fipav. Uno step necessario che avrebbe portato, nei primi anni duemila, all’iscrizione della Polisportiva Grammichele nei campionati federali di volley, dopo anni nelle competizioni CSI. Con Digeronimo in panchina, ma anche in campo, il sestetto grammichelese ottenne una storica promozione dalla Seconda alla Prima divisione provinciale, attirando in rosa anche atleti del circondario. «Un sogno che però, si interruppe per via della partenza, a fini lavorativi, dello stesso allenatore», spiega Nicola Meli, che della Polisportiva è presidente dal 2008, oltre ad esserne poi diventato uno dei principali istruttori. La storia di questa società, nata nel giugno 1990, è consultabile in una pubblicazione a stampa dedicata agli oltre 30 anni di attività e nei quali, oltre al volley, c’è stato spazio anche per altre discipline, tra cui il basket: «Nella Polisportiva – prosegue Meli – c’è stata una squadra di pallacanestro tra 1995 e 2000, con allenatore il sig. Esposito. Mancando poi allenatore e giocatori, il basket fu accantonato, per poi riprendere negli anni ’10, sotto la mia presidenza, con l’obiettivo di creare un piccolo vivaio di cestisti, arrivando ad avere anche 45 atleti». Nel racconto di Nicola – oltre che istruttore, proprietario di un negozio di articoli sportivi su uno dei corsi principali del paese – si incunea anche il tennistavolo, per qualche anno praticato e insegnato all’interno della Polisportiva grazie al signor Pippo Mammana, stimato giocatore che arrivò anche tra i primi venti atleti nazionali della Fitet. In assenza di un palazzetto dello sport, le squadre di volley della Polisportiva Grammichele hanno peregrinato, fin dalla nascita, tra varie palestre delle scuole cittadine, stabilizzandosi solo da qualche anno in quella, da poco ristrutturata, di Piano Immacolata. Alle scuole, inoltre, si lega anche l’attività da istruttore federale di Meli: «Faccio parte di un progetto che punta a migliorare lattività motoria nelle scuole attraverso gli istruttori Fipav e questo invoglia i ragazzi ad entrare in squadra» spiega il coach, che proprio sulla valorizzazione dei più giovani specie negli ultimi anni – anche nell’ottica di realizzare una potenziale prima squadra – sta concentrando gli sforzi sportivi della società. E a proposito di giovani, alle under-14 della stagione 2008-09 si deve un altro dei principali successi della Polisportiva: la conquista del campionato provinciale prima e regionale poi, che avrebbe aperto alla squadra di un paese di poco più di diecimila anime l’accesso a competizioni nazionali.Negli ultimi due anni, invece, si è distinta la formazione degli esordienti, allenata da Paolo Drago, che ha ottenuto per due volte l’accesso alle competizioni regionali dopo la conquista di due titoli provinciali.

Alla guida tecnica della Polisportiva Grammichele, nei primi anni, c’era anche il professor Michele Gurrieri. A tracciarne un più completo profilo come insegnante e sportivo – che è spaziato, negli anni, anche tra ginnastica posturale,  atletica leggera e pallacanestro – è la figlia Selma, a sua volta sportiva ed insegnante dai molteplici interessi, primi su tutti la danza e le arti coreografiche. «La mia vita ha sempre ruotato attorno al mondo della danza, così come la coreografia ha sempre fatto parte del mio dna», dice la ballerina e performer che, pur essendo insegnante già da prima, gestisce dal 2008 la propria scuola cittadina, il Centro studi danza Body Art, la cui prima sede si trovava nelle vicinanze della centralissima Piazza Carafa. «Per tanti anni ho insegnato in molte palestre ma anche ho lavorato nelle scuole con la musicoterapia e la psicomotricità», spiega Selma. «Oggi insegno danza, pilates, riabilitazione posturale e massoterapia: tanti lavori che si sposano però tra di loro. Amo lasciare qualcosa di mio alla gente e fare stare bene la gente, sul modello di mio padre; non nascondo però di voler spostare la mia attività», aggiunge la performer, che fuori dalla città esagonale ha già esportato alcuni dei propri progetti professionali: dal collettivo Fu.mi.gi Dance Expe da lei fondato, al lavoro di teatro-danza, da lei diretto e intitolato L’altra me.

Questo poliedrico itinerario che è andato dipanandosi, tra passato e presente, intorno allo sport grammichelese, non può considerarsi completo senza una menzione degli scacchi – disciplina portata in alto dalla locale famiglia Sileci, capace di crescere, finanche nelle scuole cittadine, numerosi talenti grammichelesi – e  di quelle attività che incrociano la passione sportiva con le strade della città esagonale. Tra queste si contano raduni e competizioni motoristiche – talvolta anche a carattere goliardico – spesso organizzate da appositi club cittadini e con protagoniste tanto macchine d’epoca quanto Vespe e finanche trattori: eventi in grado di attirare le comunità limitrofe e di scandire, soprattutto negli ultimi anni, momenti di spensieratezza collettiva a ridosso dei tradizionali appuntamenti della città: uno su tutti, la festa patronale dedicata all’Immacolata, a San Michele e a Santa Caterina.

A queste tappe fisse del calendario cittadino si lega anche il ciclismo, che ha visto, soprattutto in passato l’organizzazione di competizioni e coppe che prevedevano perlopiù circuiti cittadini: dalla Coppa per la Festa del Lavoro, alla gara in occasione della festa patronale, o a quella riservata ai più piccoli in occasione dei festeggiamenti settembrini dell’Addolorata. Eventi iscritti nella federazione ciclistica e dietro cui vi era soprattutto la società sportiva Cucuzza Inox, fondata dal signor Nunzio Cucuzza che può essere considerato tra i pionieri della disciplina nella città esagonale. Ad oggi il ciclismo – sia su bici da corsa che su Mountain bike – è praticato da numerosi amatori all’interno della città; di recente, uno dei suoi momenti più intensi, è stato il passaggio del 101esimo Giro d’Italia tra le vie di Grammichele, avvenuto il pomeriggio dell’8 maggio 2018 durante la tappa Catania – Caltagirone.

E c’è anche chi, quelle stesse strade, continua, a distanza di anni, a percorrerle a piedi: è il caso di Ezio Pernice, che con la corsa, intrattiene da quasi cinquant’anni un rapporto tutto suo («un percorso, iniziato da un incontro casuale con Giuseppe Intelisano, che ho incontrato nel corso di una gita turistica e che mi ha trasmesso questa sua passione») e che ha contribuito anche a superare la diffusa idea della corsa come attività ausiliaria o funzionale ad altre discipline: «Con Giuseppe ogni pomeriggio, correvamo un’ora, un’ora e mezza al massimo al paese e la gente un po’ ci guardava strano», racconta Ezio, che prosegue: «In passato ho partecipato anche ad alcune gare podistiche, ad esempio la corsa internazionale che si faceva a Catania per la festa di S.Agata o anche ad alcune gare sparse in altre città della Sicilia. Correvo anche nella vicina Caltagirone, nel gruppo del conosciuto professor Sabatino, che ci faceva allenare da un punto di vista tecnico oltre che atletico all’interno dello storico stadio Agesilao Greco, chiuso ormai da più di dieci anni. In questo modo, la corsa è entrata nella mia routine giornaliera ed è diventata la risposta ad un bisogno personale, capace di farmi riflettere sulle mie capacità fisiche ma anche sulla mia forza interiore, sui limiti che si possono superare e gli obiettivi che si possono raggiungere». La corsa come bisogno interiore ma che si armonizza in un certo senso, anche con un bisogno esteriore: quello di «riappropriarci del contatto con la natura e l’ambiente anche umano che sta attorno a noi, approccio che purtroppo oggi molti bambini non hanno», spiega ancora Pernice. Il percorso del corridore abbraccia spesso quelle che sono piccole aree naturali circostanti Grammichele: dal polmone verde del Boschetto di Marineo, al giro di contrada Batìa, un percorso con ampia variazione altimetrica che conduce ai piedi di un altro luogo simbolo di questa comunità: il piccolo santuario della Madonna del Piano, che col suo resistere al sisma del 1693 e ad altre calamità, offre ai grammichelesi di ogni generazione un inequivocabile messaggio: che rinascere si può sempre, anche nei periodi più bui.