«Un passo che potrebbe rivoluzionare il mondo: entreremo nei libri di storia». Cosìi dirigenti del dipartimento americano per l’energia hanno ufficializzato ieri in conferenza stampa a Washington il risultato raggiunto della produzione in laboratorio della fusione nucleare: per la prima volta è stata prodotta più energia nucleare di quella necessaria per innescarla.

«Questo risultato ci avvicina di un passo significativo alla possibilità di un’abbondante energia da fusione, a zero emissioni di carbonio, che alimenti la nostra società», ha detto la Segretaria del Dipartimento americano all’Energia Jennifer Granholm. Anche il presidente americano Joe Biden si è espresso con toni positivi, affermando che «ci sono moltissime notizie positive all’orizzonte».

L’energia prodotta con la fusione nucleare è stata generata da 192 fasci laser in un miliardesimo di secondo nella struttura sperimentale National Ignition Facility in California

Kim Budin, la direttrice del laboratorio dove il 5 dicembre scorso è stato avviato il test, l’ha definita «una delle sfide più significative mai affrontate dall’umanità». La produzione di energia, infatti, è il nodo cruciale di questi decenni, considerate le ripercussioni dannose sull’ambiente derivanti dai combustibili fossili. Quando potremo fare affidamento esclusivamente su un’energia pulita e accessibile a tutti, però, è ancora difficile da prevedere.

L’energia prodotta con la fusione nucleare è stata generata da 192 fasci laser in un lasso di tempo di qualche miliardesimo di secondo e l’esperimento si è tenuto nella struttura sperimentale National Ignition Facility in California, presso il Lawrence Livermore National Laboratory. La fusione è avvenuta all’interno di una camera a vuoto, un contenitore dal quale viene aspirata l’aria, e i laser sono stati puntati su un contenitore cilindrico forato e lungo alcuni millimetri.

Roberto Seidita lavora al Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, ed è ricercatore all’Eth Zurich, il Politecnico Federale di Zurigo, uno dei centri di ricerca più importanti al mondo. A proposito dello straordinario risultato ottenuto dai colleghi statunitensi spiega: «Se inietto una quantità determinata di energia nel sistema per alimentare questi laser, utili a portare il carburante allo stato che gli consente effettivamente di accendersi, una volta accesosi questo restituisce un’altra energia Y. Il problema è riuscire ad avere Y più grande di X, così da ottenere un guadagno energetico. Solo in questo modo ci troviamo di fronte a un generatore. Altrimenti, se si immette una quantità di energia pari a dieci e ne viene emessa una pari a otto, si ha una perdita di energia di quantità pari a due e non ne non vale la pena. Dunque non si potrebbe parlare di generatore di energia».

Questo procedimento può essere messo in correlazione con quello primordiale dell’accensione del fuoco, data dallo sfregamento del bastone sul sasso. Anche per accedere il fuoco, infatti, bisogna impegnare una piccola quantità di energia e, dopo averlo acceso, l’energia restituita è più grande di quella che è stata impiegata per avviare la reazione.

È importante capire cosa gli scienziati sono riusciti ad ottenere. «Con questi laser hanno iniettato circa due mega joule di energia – prosegue Seidita – concentrandola in questo pellet, che si è “acceso”. Si è innescata dunque la reazione di fusione, e il pellet ha restituito un’energia pari a quasi tre mega joule». Gli scienziati hanno iniettato una quantità di energia pari a due e ne hanno ottenuta una pari a tre: non era mai successo prima.Per Roberto Seidita non c’è dubbio: «Questo è un grande passo in avanti a livello scientifico e per il futuro dell’energia».