Cina, versante settentrionale, monti Taihang. A ovest si distende l’altopiano dello Shanxi, provincia stretta fra i rilievi e la grande muraglia, territorio arido e colmo di carbone. Negli ultimi anni le miniere sono proliferate, rendendo l’area dello Shanxi fra le più inquinate del paese. Chi scende verso i giacimenti, da queste parti, non sa con certezza se tornerà indietro.

Sono innumerevoli gli incidenti, spesso occultati dal governo e dalle corporation, che colpiscono quotidianamente gli operai. Un’inchiesta di Abel Ségrétin, giornalista free lance francese da oltre otto anni in Cina, ha acceso i riflettori su uno dei segreti del “miracolo asiatico”.

La sua indagine, condotta insieme al fotografo Samuel Bollendorff, presenta un particolare innovativo: è il primo web documentary mai realizzato. La storia, disponibile online su doclab.voyageauboutducharbon.com, coinvolge direttamente lo spettatore, giornalista in prima persona, attraverso una costruzione integrata che ricorda i videogames punta e clicca. L’utente sceglie chi intervistare, che domande fare, dove muoversi, attraverso le immagini e le esperienze degli autori.

Journey to the end of coal, prodotto dalla francese Honkytonk, è il primo reportage interamente realizzato per una piattaforma multimediale. Abel Ségrétin ci parla del progetto.

Perché avete deciso di utilizzare questo tipo di piattaforma per svolgere la vostra storia?

Inizialmente l’inchiesta era pensata per la carta stampata, la narrazione fotografica e la radio. Solo dopo aver incontrato Arnaud Dressen, responsabile della casa di produzione Honkytonk, è nata l’idea di raccogliere tutto il materiale e presentarlo su un formato specifico per la multimedialità. Questo ha comportato molto lavoro nello sviluppo della sceneggiatura, nell’evoluzione della storia.

Gli episodi che raccontate sono del tutto fedeli alla vostra esperienza in Cina?

Sì. Ogni scena del “viaggio” è basata su fatti reali. L’unico adattamento è stato compiuto per inserire le sequenze in un racconto coerente. Quello che noi, io e il direttore della fotografia Samuel Bollendorff, abbiamo vissuto in diverse settimane di permanenza nello Shanxi è stato arrangiato perché si legasse a un’avventura di un paio di giorni. In alcuni casi abbiamo doppiato le voci della gente perché a volte prendevamo semplicemente appunti o le registrazioni dirette andavano accorciate. Tutte le interviste e le situazioni rappresentate sono vere. Anzi, molto di quello che abbiamo visto non è entrato nel web doc. Questa è la forza del nostro lavoro: non è un gioco, ma giornalismo in una veste nuova.

Quali sono i vantaggi delle piattaforme multimediali, in relazione agli altri media, nella narrazione delle storie?

Uno dei benefici è certamente la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti offerti da internet e della tecnologia. I media tradizionali sfruttano in minima parte questi ritrovati: è come se avessero a disposizione una Ferrari ma la guidassero a 60 km/h.
Un altro vantaggio è quello di coinvolgere gli spettatori. A una generazione abituata a cliccare e fare zapping questo format dà la possibilità di entrare più in profondità nella storia. Il pubblico rimane attivo, non passivo come di fronte a un semplice filmato, divenendo parte stessa del racconto.
Un altro aspetto determinante è la relazione col tempo.Journey to the end of coal dura circa venti minuti: troppo se comparato con gli altri prodotti sul web, spazio nel quale gli utenti viaggiano istantaneamente fra vari siti. Il metodo interattivo del web documentary ci ha permesso, contemporaneamente, di narrare in profondità i fatti senza annoiare gli spettatori.

Pensa che questo tipo di reportage possa sostituire il giornalismo tradizionale?

No, come internet non ha sostituito la televisione, la televisione non ha sostituito la radio e la radio non ha sostituito la carta. Sono format che coesistito con i loro punti di forza e debolezza. Il web doc è solo una nuova possibilità, né migliore né peggiore delle altre. Credo, insomma, che il giornalismo continuerà a esistere in svariate forme.

Può suggerirci altri esempi di giornalismo multimediale reperibili online?

Credo che Journey to the end of coal sia il primo caso nel suo genere. Anche per questo motivo il lavoro è stata una sfida da completare: non esistevano esempi su cui basarci. Fino a ora sono stati ideati progetti multimediali come Fromzero.it. Il format ricorda il menù di un dvd: l’utente può selezionare le scene, scorrono delle immagini molto belle, ma non c’è vera interazione, non sei dentro la storia. Il prodotto più simile al nostro si chiama Tanathorama, un obiettivo web in prima persona nel quale lo spettatore interpreta una personaggio morto. Ma non è vero giornalismo. Penso tuttavia che nell’immediato futuro i media punteranno sempre di più sulla narrazione multimediale.

di Gregorio Romeo