In mattinata, Ammar Al Khudairy, presidente della Saudi National Bank e principale azionista di Credit Suisse, ha rassegnato le dimissioni. Un colpo di scena, arrivato a poco più di una settimana dalla crisi del fondo svizzero. Al Khudairy sarà sostituito da Saeed Mohammed Al Ghamdi, mentre Talal Ahmed Al Khereiji assumerà la carica di ceo. Un cambio al vertice che, per quanto giustificato da apparenti “motivi personali”, sembra lanciare un messaggio chiaro: voltare subito pagina dopo l’incidente del Credit Suisse. É partito tutto da un’intervista in cui Al Khudairy dichiarava che la Saudi National Bank non avrebbe aperto a ulteriori immissioni di liquidità nel gruppo svizzero. Da quel momento le azioni di Credit Suisse sono crollate e il governo, per arginare la crisi, ha disposto l’acquisizione da parte del rivale UBS.
Un’operazione di salvataggio costata 3 miliardi al fondo di Zurigo, che però, potrà contare sul sostegno del governo e della Banca nazionale svizzeri. Si parla di oltre 100 miliardi di franchi di liquidità messi a disposizione a Ubs per ripagare eventuali perdite di Credit Suisse e per proteggere la banca dalla speculazione del mercato. Da questa operazione – che, per Ubs, come ha sottolineato il founder di Algebris Investments Davide Serra, “rappresenterebbe l’affare della vita” – nascerà uno dei poli finanziari più grandi d’Europa.
Il salvataggio di Credit Suisse ha scatenato una duplice reazione da parte della BCE che, da un lato, ha elogiato la rapidità dei colleghi di Zurigo; dall’altro, ha voluto sottolineare una distorsione dell’intervento svizzero. Nell’ordine delle tutele, si è data la precedenza agli interessi degli azionisti anziché a quelli degli obbligazionisti.Il sostegno congiunto di governo e BCS ha infatti comportato l’azzeramento integrale del valore nominale di tutte le obbligazioni AT1 di Credit Suisse per un importo pari a circa 16 miliardi di franchi svizzeri. In sostanza, coloro che avevano prestato i soldi alla banca acquistando obbligazioni AT1 di Credit Suisse si sono ritrovati con nulla in mano, mentre i soci – per prime la Saudi National Bank e la Qatar Authority – sono riusciti a salvarsi. Si tratta di uno scenario inedito, che mette in discussione un principio fondamentale affermatosi nel corso di tutte le crisi bancarie dell’ultimo decennio: gli obbligazionisti hanno sempre la precedenza sugli azionisti. Si tratta di uno scenario inedito, che mette in discussione un principio fondamentale affermatosi nel corso di tutte le crisi bancarie dell’ultimo decennio: gli obbligazionisti hanno sempre la precedenza sugli azionisti. In Europa e nel resto del mondo funziona così. L’acquisto di azioni è considerato un investimento del capitale di rischio. Investimento che può generare profitto o, viceversa, ridursi a zero. Si tratta comunque di un’operazione diversa dall’acquisto di obbligazioni bancarie. Alla scadenza dell’obbligazione, infatti, i soldi vanno restituiti tutti. E questo non è successo nel caso di Credit Suisse. Per provare a capire meglio quali siano le motivazioni dietro questo “ribaltamento” della normativa, abbiamo sentito una nostra fonte attiva nei mercati finanziari.
Per salvare il Credit Suisse, le autorità svizzere hanno aggirato per due volte le loro stesse regole: la prima volta quando hanno imposto la vendita forzata della banca alla rivale Ubs senza consultare gli azionisti; la seconda quando hanno scelto di privilegiare gli interessi degli azionisti a quelli degli obbligazionisti. Com’è stato possibile?
Per quanto possa sembrare assurdo, non è stata violata nessuna normativa. La legge svizzera prevede che in corrispondenza di determinati eventi, come la concessione di aiuti pubblici eccezionali, non vi è l’obbligo di rimborso per gli obbligazionisti AT1. Formalmente non si tratta dunque di una violazione.
Come funziona in Europa quando una banca si ritrova ad affrontare una crisi come questa?
Normalmente, gli interessi degli obbligazionisti vengono messi al primo posto nell’ordine delle tutele, quantomeno prima di quelli degli azionisti. La Svizzera non facendo parte dell’Unione Europea, ha un sistema differente. La FINMA (autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari svizzeri) prevede infatti – in situazioni di emergenza come queste – il taglio dei bond AT1. Devi considerare che si tratta comunque di obbligazioni molto rischiose, chi decide di acquistarle lo sa bene.
Non pensi che però in questo caso si agito in questo modo per tutelare gli interessi dei due principali azionisti di Credit Suisse? Sto parlando di Saudi National Bank e Qatar Holding.
Direi che è molto probabile. Ad oggi, però, non ne abbiamo la certezza. Risulta già difficile capire quello che accade all’interno delle banche europee, figuriamoci in quelle svizzere…
Ma la partita non sembra finire qui: lo studio legale Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan ha già messo insieme un pool di avvocati che sta già discutendo con alcuni detentori di bond del Credit Suisse sulle possibili azioni legali a loro disposizione.