Venerdì 24 maggio, ore 20.10
Tutti i presenti in piazza Castello sono in attesa che la riproduzione della sacra icona della Madonna della Fonte, protettrice della città di Conversano, esca dalla Cattedrale madre per dirigersi verso la chiesa di Sant’Andrea. Fiumi di conversanesi vestiti di tutto punto si riversano per le strade del centro storico. «È iniziata la festa grande» intona a gran voce un simpatico signorotto con indosso una coppola color cobalto. Ed ecco il dolce suono degli strumenti a fiato preannunciare l’uscita della donna portatrice di luce. A pochi minuti dall’inizio della prima processione della festa patronale, il silenzio dei fedeli accompagna il lungo rosario scandito dalle donne veneratrici.
Quest’anno il discorso inaugurale del Sindaco di Conversano Giuseppe Lovascio, come da tradizione, si tiene alle 20.30 in Piazza Castello, a pochi metri dalla Chiesa madre. «La festa in onore della Madonna della fonte fa parte della nostra storia ed è parte della nostra identità. Per questo è importante preservarla. Il tema che Franco Firulli, il Presidente del Comitato organizzativo, assieme a Don Felice hanno voluto presentare quest’anno è quello della pace».
L’accensione delle luminarie che, per i prossimi giorni, coloreranno a festa le bianche strade centrali che costeggiano l’imponente Castello aragonese, è considerato uno dei momenti più suggestivi e tradizionali della festa patronale. «Le piace l’illuminazione? Personalmente, apprezzo che abbiano deciso di mantenere i caldi colori tradizionali, mi ricordano la giovinezza» sussurra un anziano signore ad un giovanotto che avrà avuto poco più di quindici anni. «Ai miei tempi era molto diverso. Per esempio, vede quelle lampadine? Oggi sono a led, fino a non molto tempo fa però, erano di vetro e capitava spesso che si svitassero dalle strutture delle luminarie infrangendosi sulla pietra fresca. Gli artisti di strada dovevano fare molta attenzione a non tagliarsi con le schegge di ciò che rimaneva delle lampadine». Che cosa curiosa, ho pensato. Non avevo mai fatto caso a quanto potesse essere pericoloso camminarvi prima che le luci diventassero a led.
Trascorsi alcuni minuti dall’accensione delle luminarie, i fedeli assieme alla Sacra icona riprendono il cammino verso la Chiesa di Sant’Andrea. Allontanandosi da Piazza Castello, la processione si dirige verso Via della Vittoria. In cammino assieme alle donne veneratrici, mi rendo conto di una cosa inaspettata. Sono accerchiata da tanti giovani fedeli che, in silenzio prendono parte alla commemorazione. Non so perché questa cosa mi stupisca tanto, forse perché non partecipavo alla Festa patronale da diversi anni o forse perché crescendo sto dando sempre più valore alle tradizioni.
Alle 21.12 la Madonna si ferma in Via Giuseppe Mucedola. I portatori, prima di posizionare l’icona in Chiesa, girano di spalle la donna portatrice di luce. Ed ecco il primo inchino di fronte ai fedeli riuniti dinnanzi alla facciata di Sant’Andrea. Il suono acuto delle campane e la prima batteria di fuochi d’artificio annunciano la fine del primo giorno di festa.
Il venerdì, che apre le danze, è un giorno importante per i fedeli perché si organizza l’itinerario da seguire. Durante la festa patronale ci sono appuntamenti immancabili che gli anziani del paese ricordano con meticolosa precisione ma ci sono anche appuntamenti ecclesiastici e civili sempre nuovi. Quest’anno il Presidente del Comitato della Madonna della Fonte Francesco Firulli ha voluto coinvolgere diverse realtà e associazioni conversanesi impegnate nella promozione di iniziative culturali. «L’obiettivo che ci siamo posti per questa edizione, è stato quello di creare occasioni di aggregazione, recuperando le tradizioni popolari rivolgendoci soprattutto alle nuove generazioni. Ci auguriamo che questa festa possa esaltare la spiritualità e coinvolgere tutti attraverso iniziative sociali, culturali e di intrattenimento». Tra le Associazioni coivolte: la Compagnia del Trullo, nata nel 2008 dall’esigenza di valorizzare la diffusione dell’arte attraverso l’organizzazione di iniziative interdisciplinari e creative, Impronte Culturali, nata nel 2016 su iniziativa di alcuni studenti del Liceo Classico Domenico Morea, desiderosi di creare momenti di aggregazione studentesca che in quegli anni erano ostacolati dalle istituzioni accademiche e Norbeat Music, un collettivo nato nel 2014 da un piccolo gruppo di giovani conversanesi uniti dall’amore per la musica.
Sono arrivata in città venerdì mattina intorno alle 14.30 e, per non perdere alcuna iniziativa proposta dal comitato, ho raggiunto il bar del centro in cui sono cresciuta, il “Della Corte”. Sapevo che lì avrei trovato qualcuno pronto a darmi tutti i dettagli di cui avevo bisogno. La sensazione che ho ogni volta che mi siedo ad uno dei tavolini esterni che arredano parte della piazza sotto il grande orologio della Cattedrale, è sempre la stessa. Sembra che il tempo si sia fermato.
Come avevo previsto, proprio lì all’angolo destro del bar, poco distante dall’arco d’ingresso del Castello, un signorotto anziano con indosso una polo blu e i capelli freschi di taglio, mentre beve il suo calice di vino bianco, mi fa un cenno con la mano. «È il Signor Pinuccio», penso tra me e me.
Che poi, io con Pinuccio ci sono cresciuta. È conosciuto da tutti in Paese, lavora al comune ed è un tutto fare. È un buon cristiano ed è sempre disponibile. Se gli chiedi un favore, farà di tutto per aiutarti. Ricordo ancora quando frequentavo il liceo, cercava sempre di mettere una buona parola con il Sindaco affinché ci desse il permesso di organizzare la giornata dell’arte studentesca nel centro storico e durante la manifestazione si assicurava che tutto andasse per il verso giusto.
«Ma guarda un pò chi è tornata a casa» esclama mentre chiude l’ultima pagina di un giornale consumato dalla lettura. Non perde neanche un minuto e subito. «Verrai alla prima processione oggi? Hai il programma della festa? Scusami che sciocco, hai pranzato? Vuoi un caffè?». Tra me e me penso a quanto affetto una persona possa provare nonostante le distanze e il passare degli anni e a quanto poco basti per trasmetterlo. Non ho pranzato ma non ho fame quindi ordino un caffè americano e senza perdere tempo gli chiedo come stessero andando gli ultimi preparativi per la festa grande.
A quel punto Pinuccio tira fuori un quadernetto dalla tasca destra del pantalone, un pò consumato ma perfettamente stirato. Sulla copertina l’icona della donna portatrice di luce e un titolo scritto con caratteri moderni “Solenni festeggiamenti. Madonna della Fonte patrona di Conversano e della diocesi”. Mentre lo sfoglio velocemente, noto che anche la grafica del programma è stata modernizzata. «Che ne pensi? Ti piace? Devi sapere che quest’anno ci sono tante novità. Il Presidente della festa vuole stravolgere la traduzione come stanno facendo negli altri paesi. A me piace l’idea perché voglio che i giovani si avvicino alla tradizione ma non ti nascondo che sono anche un pò preoccupato». Dopo aver ordinato un secondo calice di vino bianco prosegue. «In chiesa non viene più nessuno perché la verità è che i giovani non hanno fede. È vero, più andremo avanti e più diventeremo razionali ma è importate avere fede. A Polignano per esempio, un giovane prete, Don Gaetano, è uscito in strada, si è portato la chitarra e ha iniziato a girare nei locali per avvicinare i giovani alla parrocchia e lo stesso stiamo cercando di fare a Conversano». Nei suoi occhi bruni traspare un senso di rammarico che, in cuor mio, so essere legato ad un profondo desiderio di accoglienza e condivisione.
Pinuccio sta vivendo a cavallo tra due secoli e ha visto la città cambiare. Quest’anno il Sindaco gli ha dato un compito importante: portare in processione madre il gonfalone, la bandiera di forma rettangolare con lo stemma del comune della città. «Porterò lo stemma di Conversano sia domenica mattina qui a Conversano che il 2 giugno a Bari per la parata militare in onore della Festa della Repubblica. Verrai a vedermi dopodomani? La processione parte alle 11.30 dalla Cattedrale». In quell’esatto momento riceve una telefonata, si alza frettolosamente lasciando sul tavolo il calice ancora pieno e mi guarda. Sono le tre del pomeriggio e il suono della “campana del cambio d’ora” scandisce lo scorrere del tempo. «So che ti vedrò gironzolare per le strade del centro storico in questi giorni, perciò se hai bisogno di qualunque cosa, chiamami. Il mio numero ce l’hai. Tante belle cose signorì e non serve che ti dica che il caffè sta pagato».
Alle 15.30 avrei dovuto incontrare un mio caro amico per parlare di come è andata l’organizzazione della festa patronale negli ultimi mesi. Si chiama Christian, ha ventidue anni ed è conosciuto in tutta la Puglia come il “giovane madonnaro”. Al sud tutti sanno cos’è un madonnaro. «È un’artista di strada che dipinge o incide a livello di artigianato popolare, immagini della Madonna e di altre icone sacre come Santi e Beati. Purtroppo questa è una tradizione che si sta perdendo e le ragioni sono due. Da un lato perché le giovani generazioni si stanno allontanando sempre di più dalla sfera ecclesiastica, dall’altro lato perché è un vero e proprio lavoro ed è faticoso. Richiede tempo, pazienza e tanta dedizione. Trascorrere ore piegato per terra a disegnare non è facile» mi dice, ricordando la prima volta che l’ho visto disegnare sotto la torre maestra.
Da quando ha quindici anni Christian gira le feste patronali, dove viene accolto con grande entusiasmo, e disegna con i suoi gessetti colorati sulle chianche fresche dei centri storici o sull’asfalto rovente delle strade dissestate dei remoti paesini pugliesi. Ha una grandissima conoscenza delle icone e della storia ecclesiastica, pur essendo così giovane, e vorrebbe in futuro trasmettere la sua passione sfruttando i canali di comunicazione di cui oggi disponiamo.
Abbiamo fatto lo stesso Liceo io e Christian e da sempre lo considero un grande estimatore dell’arte. Si è iscritto alla facoltà di Beni culturali all’Università Statale di Bari e si sta per laureare. Quando mi ha detto che avrebbe scritto la sua tesi di laurea proprio sulla Madonna della Fonte gli ho chiesto di dedicarmi alcune ore.
Di solito durante la festa della donna portatrice di luce non ha molto tempo perché dedica le sue giornate a disegnare la sacra icona sotto la torre maestra del Castello. Quest’anno, da buon conversanese, ha però deciso di godersi i festeggiamenti. Un pò perché non è d’accordo con le innovazioni che sono state fatte e in cui non si riconosce, un pò per ciò che è successo in passato. Ma lo lascerò raccontare a lui: «Il motivo principale per cui ho deciso di non disegnare è perché l’anno scorso non è andata bene. Mi sono sentito non considerato e non valorizzato dai miei stessi concittadini. Gli organizzatori della festa sono venuti da me solo a fine evento per farsi una foto. Nessuno mi ha chiesto se stesse andando tutto bene, nessuno si è preoccupato di chiedermi se mi servisse qualcosa e nonostante io abbia guadagnato più soldi di quanti non ne abbia mai guadagnati a Conversano, quest’anno ho deciso di non volermi sentire come mi sono sentito lo scorso anno». Percepisco in lui un profondo senso di tristezza ma con questa scelta ha voluto essere coerente con se stesso. «L’estate scorsa sono stato invitato a disegnare in un paesino vicino Lecce dove per tradizione si suona e si balla la taranta. La prima sera in concerto c’era il Canzoniere Grecanico Salentino, un gruppo di musica popolare incredibile. La piazza era piena di gente e molti spettatori avevano portato con se i tamburi della taranta. Una volta finito il concerto si è creato un cerchio di suonatori nella piazza principale del paese e al centro le persone hanno iniziato a ballare freneticamente, come se fossero state morse dal ragno. Dentro di me è successo qualcosa in quel preciso momento, ho iniziato a piangere. Ero lì, a ventitré anni e ho sentito di appartenere ad una tradizione che viene da molto lontano e che nonostante tutto è ancora in grado di coinvolgere i giovani. Questa sensazione nel mio paese non ce l’ho».
Io e Christian abbiamo parlato molto della scelta fatta dal Comitato della festa patronale in questo senso. Secondo il suo punto di vista non è necessario snaturare la sacralità di una ricorrenza ecclesiastica per far avvicinare i giovani alla tradizione. «In futuro mi piacerebbe conservare la storia del nostro paese attraverso uno studio approfondito e veritiero. La leggenda della Madonna della Fonte che narra sia giunta dall’Africa via mare dopo una tempesta, grazie al vescovo di Conversano Simplicio su incarico di Papa Felice III, ad oggi, non ha alcun riscontro storico – nonostante la rappresentazione originale la ritrae con un’incarnato scuro – ma sono consapevole del fatto che se lo dicessi ad una persona anziana si arrabbierebbe. Le leggende per secoli hanno permesso alle persone di legarsi alla traduzione ma penso che nel mondo in cui viviamo sia importante contestualizzare e dire la verità. Mi reputo un tradizionalista quindi io in quel signore anziano ci vedo del romanticismo, vorrei però che venisse alimentato lo spirito critico nelle nuove generazioni. Alla fine lo storico dell’arte fa questo, fa chiarezza».
Christian tiene a precisare che per lui è però fondamentale anche la dimensione spirituale nella vita. «I Santi che disegno per esempio, per me sono veramente degli eroi perché sono difensori di idee. Chi difende un’idea per me è un eroe. Non ho mai disegnato Dio e se ci pensi non viene quasi mai ritratto, né festeggiato. Personalmente invece, sono molto legato a Santa Rita, che si festeggia poco prima della Madonna della Fonte. Molti conversanesi lo sono». La storia di Santa Rita da Cascia, che si celebra il 22 maggio, è densa di tragedie. Si sposò con un uomo, burbero e violento, che venne poi brutalmente assassinato da cui ebbe due figli. Visse in un’epoca funestata da guerre continue e faide familiari che si trascinavano da generazioni e dopo la morte del marito decise di dedicare la sua vita alla preghiera e si fece monaca agostiniana. In punto di morte chiese a una cugina di portarle una rosa e dei fichi dall’orto della casa in cui era cresciuta, a Roccaporena. Era inverno inoltrato, la neve copriva ogni cosa, ma la cugina si recò nell’orto e trovò una rosa rossa appena fiorita e due fichi maturi e succosi. Fu così che la rosa divenne uno dei simboli di Santa Rita, protettrice dei matrimoni e delle cause disperate.
Sabato 25 maggio, ore 10.30
Tutti i presenti in Via Giuseppe Mucedola sono in attesa che la riproduzione della sacra icona della Madonna della Fonte, protettrice della città di Conversano, esca dalla basilica di Sant’Andrea per dirigersi verso Villa Belvedere, poco fuori il centro storico, dove è stato allestito il tempietto che ospiterà la copia dell’icona per due notti.
Questa mattina la processione è percorsa dai bambini delle scuole elementari che, come da tradizione, portano in dono alla madonna un fiore. Il cielo è nuvoloso ma il vento soffia di maestrale quindi non c’è alcun rischio che piova. Si respira un’aria festosa. I bambini, ordinati dalle maestre in fila per due, intonano canti religiosi dedicati alla donna portatrice di luce. In processione dietro di loro, il sindaco e gli assessori comunali, l’immancabile Pinuccio, i genitori dei bambini e la banda di Conversano Schirinzi “Ligonzo”. La seconda processione della festa patronale attraverserà la zona centrale della città passando per Via Acquaviva – la strada più grande del vecchio centro storico – lungo Via Giuseppe Di Vagno, soprannominata dai conversanesi “Calata carmine”.
Una volta percorsa Via Guglielmo Marconi che si incrocia con Via Giuseppe Di Vagno nel centro storico, si inizia a sentire nell’aria odore di prato appena tagliato. Ed eccoci in Villa Belvedere dove, ad attenderci ci sono i devoti alla Madonna, alcuni dei quali hanno già posizionato nei vasi adiacenti al palchetto il loro omaggio alla donna portatrice di luce.
Scendendo le scale della villa, prima di raggiungere l’icona che è appena stata posizionata nel tempietto, sulla sinistra sono affissi i disegni dedicati alla Madonna che i bambini hanno realizzato a scuola. Alcuni sono individuali, altri collettivi come il cartellone azzurro che è affisso al centro del terzo pannello in compensato e che ritrae oltre ai singoli disegni dei bambini, il quadro della Madonna arricchito dalla riproduzione della cornice in argento e adornato da una grande quantità di fiori colorati. A catturare la mia attenzione però è il disegno che si trova in alto a destra del cartellone azzurro perché rispetto agli altri, questo è particolarmente impressionante. I due colori dominanti, in netto contrasto tra loro sono l’azzurro del cielo e il grigio dei palazzi. La caratteristica più inquietante del capolavoro, è il velivolo che sovrasta la grigia cittadina da cui sono sganciate delle bombe, alcune delle quali hanno già colpito l’unica vettura, di colore verde, presente nel disegno. «Il filo conduttore della celebrazione eucaristica è la pace», ricorda Monsignor Giuseppe Favale, il Vescovo della Diocesi di Conversano e Monopoli. Eppure chi ha fatto questo disegno ha voluto rappresentare la guerra e lo ha fatto con una tale crudezza da spingere chiunque lo guardi a riflettere su cosa abbia pesato o visto, anche inconsapevolmente, l’autore o l’autrice prima di realizzato. «Oggi si celebra la prima giornata dedicata ai bambini» prosegue il Monsignore durante il discorso conclusivo della processione, «è nostro dovere pensare a tutti coloro che sono nella prova della sofferenza a causa della solitudine, della malattia o della guerra che dilania il nostro mondo. A tutti i bambini dovrebbe essere garantito il diritto di giocare ma ad oggi ce ne sono tanti invece vittime di sfruttamento lavorativo e militare. Ai genitori qui presenti. Educate i vostri figli all’amore verso il prossimo, alla compassione e alla comprensione. Il nostro pensiero oggi va a tutti coloro che non hanno ricevuto dalla vita la fortuna che abbiamo avuto noi, che siamo qui riuniti a celebrare la Santissima Madonna della Fonte».
Terminato il discorso del Vescovo, la calca dei fedeli inizia ad avvicinarsi all’altare per depositare i fiori consacrati. Adornato da un drappeggio di velluto e cotone che alterna un blu cobalto arricchito da cuciture color oro ad un bianco avorio, in pochi minuti la parte sottostante il tempietto centrale si trasforma in un’imponente fioriera: rose, orchidee, girasoli, margherite, tulipani, gerbere, fiordalisi, papaveri creano un miscuglio danzante di colori e profumi. Sono le 11.45 e per oggi le celebrazione eucaristica principali è terminata.
Domenica 26 maggio, ore 11.00.
Tutti i presenti in Piazza Castello sono in attesa che la sacra icona della Madonna della Fonte, protettrice della città di Conversano, esca dalla Cattedrale per effettuare il lungo percorso della processione madre. La domenica è l’unico giorno in cui viene portata in processione l’icona originale, sia per tradizione si è sempre fatto così, sia perché la Diocesi di Conversano e Monopoli tiene molto a preservare tutte le icone sacre che custodisce.
Il percorso, che per due ore attraversa il cuore della città vecchia, è considerato il più importante dell’intera celebrazione eucaristica. Per questa ragione tutti i conversanesi, anche i non credenti, trascorrono la domenica mattina dell’ultimo fine settimana di maggio nel centro storico. C’è chi segue per intero la processione, chi trascorre il suo tempo a chiacchierare nei bar bevendo Campari soda e chi sale in villa solo per vedere l’inchino finale della Madonna, qualche attimo prima di rientrare in Cattedrale.
In perfetto orario, alle 11.30 suonano all’unisono le campane della chiesa madre. I dodici portatori della sacra icona, con indosso la tradizionale mozzetta in raso di color rosso pompeiano, sorreggono la donna portatrice di luce. È un grande onore per i credenti, il cui sacrificio è incarnato nel peso dell’imponente struttura che sorregge la Madonna incorniciata, cullare l’icona sacra la domenica mattina. Ai lati della madonna, vestiti con abito nero, i portatori dei fanali processionali e delle composizioni floreali che, come da tradizione, prevedono la sola presenza di rosa bianca.
Immediatamente dietro la sacra icona, dopo il baldacchino processionale, il portatore della Croce Astile precede la sfilata degli ordini e delle confraternite. Presente l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ordine cavalleresco e unica istituzione laicale dello Stato Vaticano a cui è affidato il compito di sopperire a tutte le attività ed iniziative a sostegno della presenza cristiana in Terra Santa, la Pia unione primaria di Santa Rita da Cascia e la Confraternita dell’Acerba e Sacrosanta Passione di Gesù Cristo. A chiudere la maestosa processione, oltre ai bambini vestiti con abiti da prima comunione, ci sono le due bande che hanno suonato nel corso della festa patronale e che chiuderanno le celebrazioni domani sera: la grande orchestra a fiati “Gioacchino Ligonzo” e la banda “Giuseppe Piantoni”, entrambe di Conversano.
Usanza vuole che, durante il percorso e prima di rientrare in Cattedrale, la Madonna venga omaggiata con petali di rosa lanciati dai balconi delle abitazioni sotto cui passa la processione. Qualche anno fa, proprio in onore della donna portatrice di luce, le artigiane e ricamatrici dell’Associazione Fili D’Arte di Conversano – che fa parte dell’Associazione Culturali Vie D’Arti, ideata fra gli altri, da Angelo L’Abbate -, con talento e grande pazienza, sono riuscite a rendere la rosa uno dei simboli della città. Nel 2019 hanno realizzato a mano un tappeto lungo cento metri con seimila rose rosse ricamate all’uncinetto. «Quell’anno il tappeto, che a onor del vero non era stato pensato per la festa patronale ma per un’iniziativa culturale che si sarebbe dovuta svolgere prima della festa, era stato posizionato in Villa Garibaldi che non dista molto dalla sede dell’associazione. Il giorno della processione madre è stato attraversato dai portatori della Sacra Icona e per noi è stato un grandissimo onore perché la Madonna ha benedetto le nostre rose.» Mi dice la signora Angela, una delle artigiane di Fili D’Arte, mentre è seduta con la signora Imma e la signora Angela su una delle sedia di vimini posizionate in strada, proprio di fronte alla Cattedrale e prosegue. «Ad un mese dalla consegna del lavoro, avevamo capito però che non avremmo mai finito in tempo se non avessimo chiesto aiuto, quindi abbiamo messo un post su Facebook e abbiamo invitato tutte le signore che sapevano lavorare all’uncinetto del paese a collaborare. Siamo diventate tante e il nostro lavoro ha avuto un riscontro notevole». Conclude mostrandomi una foto incorniciata assieme ad altri lavori realizzati negli anni, che ritrae il momento della processione. È proprio lì, di fronte alla chiesa madre che Fili d’Arte ha la sede dell’Associazione ed è lì che è possibile acquistare i capolavori fatti a mano.
Lunedì 27 maggio, ore 23.30
Tutti i presenti nell’Anfiteatro Villa Belvere, sono in ascolto del concerto bandistico della “Giuseppe Piantoni” diretto dal Maestro Susanna Pescetti. Al centro dell’anfiteatro, la tradizionale Cassa Armonica a forma circolare, coperta da un tetto sostenuto da pilastrini sottili e aperta sui lati, ospita all’incirca quaranta suonatori professionisti. Le sedute che abbracciano la Cassa Armonica, contrassegnate ciascuna da un cuscinetto azzurro, sono tutte occupate. Le luci calde che ornano il chiosco della musica si riflettono sul bianco candido della pietra dell’anfiteatro, creando ombre d’arco che separano gli spettatori dai musicisti.
Il lunedì sera il concerto finale della festa patronale inizia intorno alle 20.30 e si conclude dopo la mezzanotte con una marcia sinfonica a cui i conversanesi non possono mancare: Vita Pugliese, composta da Giuseppe Piantoni. Noto come “il maestro col cappello”, Piantoni è vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento e, oltre ad aver composto la sinfonia che meglio rappresenta le usanze e le terre pugliesi, è stato autore di oltre un centinaio di composizioni di vario genere, fra le quali spiccano il suo primo melodramma “Il Tizianello”, messo in scena al Teatro Piccinni di Bari nel 1932, e “I Mietitori”, quest’ultima ispirata al verismo.
L’ascolto della sinfonia finale della festa patronale richiede una certa dinamicità da parte degli ascoltatori. Mi spiego meglio. Una volta terminato il concerto, i componenti della banda scendono dalla Cassa Armonica, si dirigono verso Corso Domenico Morea e, una volta composto l’assetto per la marcia, a passo svelto camminano verso Piazza Castello. Dopo aver oltrepassato l’orologio della Cattedrale ed essere ritornati sotto la torre maestra, si fermano e suonano Vita Pugliese. Dietro e intorno a loro, la città è in festa. Anche se ancora per pochi minuti.
C’è un’altra usanza che i conversanesi rispettano il lunedì sera prima di ascoltare le maestose sinfonie senza tempo nel centro storico della città. Trazione vuole infatti che si faccia il fornello.“Andare a fare il fornello” consiste nel cenare con amici e parenti in macellerie adibite a ristoranti.
È una sorta di rito collettivo e ha origini che risiedono nell’Ottocento. La carne, che si sceglie direttamente dal bancone e che viene poi messa in una vaschetta e associata al tavolo, è cotta allo spiedo in un forno costruito in pietra ma alimentato a legna di quercia. Un tempo, a detta dei più anziani, il fornello veniva utilizzato per liberarsi delle rimanenze a fine settimana, non solo durante la festa patronale. Non esistevano le celle frigorifere e ciò che rimaneva spesso erano frattaglie (da qui i torcinelli ad esempio, una delle specialità del fornello) e venivano servite anche per strada. Tra bombette, salsicce e “gnummridd” o involtini di interiora di vitello, ci si rimpinza – rigorosamente con il vino della casa – prima del gran finale.
Dopo aver mangiato il pezzo di carne solitario rimasto nell’ultimo vassoio, sotto l’occhio attento del mio amico Luciano che, soprattutto quando si tratta di cibo non sopporta che si butti via nulla, guardo l’orologio. Sono le 23.10. È ora di andare, la banda sta per marciare.
Galleria fotografica copyright Mirea D’Alessandro