La storia dell’azienda Albertengo è anche una saga familiare che dal 1905 ha condensato gli sforzi di quattro generazioni, testimoni del passaggio dalla semplicità dell’Italia contadina alla modernità. La gradualità di questa evoluzione vive nei macchinari del loro laboratorio a Torre San Giorgio, un paesino della piana saluzzese, incastonato tra i punti cardinali cittadini di Cuneo e Torino e naturali delle Alpi del Monviso e le distese collinari delle Langhe. Al suo interno il ritmo della produzione è scandito dalle due principali festività dell’anno, dominata ognuna dal suo dolce protagonista: il Panettone a Natale, la Colomba a Pasqua.
Due prodotti «cugini, molto simili nella lavorazione, ma diversi nella forma e quindi anche nel gusto», spiega il proprietario Massimo Albertengo. A differenziarli sono anche i numeri, che a Pasqua si attestano su cifre molto inferiori se paragonati a quelli di dicembre: ogni dieci panettoni si producono all’incirca tre colombe, «questo anche perché il ruolo del leone in questa festività lo incarna l’uovo di cioccolato». Per l’azienda la Pasqua inizia verso la fine di gennaio e si conclude circa quindici giorni prima della domenica festiva stessa: in questo arco di tempo Albertengo produce dalle 260 alle 300mila colombe, per una media di 15-16 mila al giorno. L’ingresso nel laboratorio è l’accesso ad un micro-cosmo altro in cui la perfetta simbiosi delle macchine si mescola all’intenso profumo dello zucchero. Albertengo, però, non ne ha percezione: il suo olfatto è rimodulato dai sensori dell’abitudine di un lavoro quotidiano e costante.
Catena di montaggio, dal lievito al confezionamento
I dolci che escono da questi forni sono l’esito della classica lavorazione piemontese che dura quarantotto ore: alle dodici di preparazione del lievito, lasciato poi a riposo per altre dodici, seguono al mattino la fase della spezzatura e l’aggiunta degli inerti, cioè gli altri ingredienti che, come arancio e cioccolato, determinano il gusto. Solo dopo una serie di altri passaggi che vanno dalla forma,allo stampo, dalla lievitazione alla cottura, fino al raffreddamento, il prodotto può essere confezionato, «anche se per la consumazione è consigliabile aspettare altri dieci giorni», suggerisce Albertengo.
Nonostante il successo intramontabile della colomba classica, la specialità della produzione della “Maison del Panettone” è quella arricchita da un altro alimento che, da prodotto tipico del territorio, diventa ingrediente costitutivo dell’impasto: il vino. Colombe al moscato, al moscato passito e al gin si aggiudicano infatti una porzione significativa delle vendite di quest’azienda ibrida: a metà tra l’arte della pasticceria e i meccanismi dell’industria, tra la conservazione dell’artigianale e l’innovazione dell’industriale.
Quella di Albertengo è un’azienda ibrida: a metà tra l’arte della pasticceria e i meccanismi dell’industria, tra la conservazione dell’artigianale e l’innovazione dell’industriale.
Il valore – economico e non solo – delle materie prime
Convinti del ruolo fondamentale delle materie prime, gli Albertengo hanno affiancato al laboratorio di Torre San Giorgio un’azienda agricola in Alta Langa, dove applicano il proprio metodo di sgusciatura alle 8mila piante di nocciole che coltivano autonomamente. Da ormai un anno convivono, però, con l’aumento dei beni del settore alimentare, che sul consumatore si è tradotto in un incremento del 20-30%. «Anche se ci sono tensioni a livello internazionale e molti prodotti stanno ancora subendo delle variazioni, credo che i costi si stabilizzeranno su quelli della Pasqua attuale: non penso che la Colomba potrà più tornare ai prezzi di due anni fa», stima il produttore.
«In questo prodotto, uno degli ingredienti non scritti è la lavorazione: non è solo questione di ore, ma di cura – È una filosofia che la famiglia ha sposato da trent’anni e che ancora guida il loro percorso volto al miglioramento –. Studiamo i processi da anni e li riportiamo nei nostri protocolli interni, che sono molto rigidi: come azienda specialistica in prodotti lievitati questo è il compito che ci siamo dati».
Alla clientela specializzata del canale Horeca, che comprende il mondo della ristorazione, si somma poi una gamma variegata di consumatori, dal settore della moda a quelli solidali, agli enti statali: «La cosa bella di questo mestiere è che ti porta in confronto con tantissimi mondi completamente diversi dal nostro».