Un grido si alza per tutto viale XX Settembre: “Siamo LA Nord e vogliamo vincere”. Così la città e i tifosi di Carrara si preparano al quarto di finale di ritorno valido per i play-off di Serie C. Per anni la squadra della città, la Carrarese, non ha mai spiccato il volo verso il calcio che conta. Ha sempre ballato a metà classifica nella terza serie italiana, con risultati anche deludenti per una piazza che conta quasi sessantamila abitanti. Oggi ci credono tutti: dall’anziano che ha vissuto la sua vita tra il mare e la montagna al bambino che ha iniziato da pochi mesi a calcare i campi da calcio.
Carrara e la Serie B, un sogno che può diventare realtà, ma è anche un sogno che ha fondamenta poco solide: per quanto in città si respiri calcio in ogni luogo e per quanto in questa zona abbia dato alla luce alcuni dei giocatori più forti mai visti al mondo, Buffon su tutti, non è mai stato fatto nulla per avere le infrastrutture adeguate al salto di categoria. Da anni la città convive con lo stadio ridotto a metà della capienza: motivi di sicurezza, dicono. Mai come nel 2024 la protesta contro le istituzioni è stata così forte: “La sindaca Arrighi non si vuole prendere le sue responsabilità”, “Basterebbe mettere una firmetta su un progetto che da quasi dieci anni è in Comune”, “Non vogliono darci la possibilità di sognare”. Questi sono solo alcuni dei commenti che si possono trovare sui social.
Nonostante i malumori pre-partita il sostegno verso la squadra non manca: cori, coreografie e bandiere spingono la Carrarese ad un ottimo pareggio contro la Juventus Next Gen. Si va in semifinale: i tifosi si riversano nelle strade a colpi di clacson fino a Marina di Carrara dove comincia la vera festa, tra fumogeni e altri cori.
Quelle strade che percorri da bambino, da ragazzo e adesso da uomo suscitano dei ricordi tra loro contrastanti: da una parte trovi i negozi di sempre, aperti da quando sei nato e nemmeno sai cosa c’era prima, da una parte luoghi che hai visto evolversi nel tempo ma sempre mantenendo la loro identità. Questa cosa funziona anche con le persone di Carrara: alcuni studiano, se ne vanno e trovano lavoro altrove. Altri rimangono lì, dove li avevi trovati anni fa. E proprio tra la folla in festa si possono riconoscere alcune persone che facevano parte della tua infanzia: Francesco, con cui ho condiviso le scuole elementari, si avvicina. Lui è un grande tifoso e la sua gioia era percepibile. Esordisce così: “Ci vediamo a Benevento?”. Perché è proprio con le streghe che la Carrarese giocherà la semifinale dei play-off. Sarebbe molto bello andare ma il lavoro mi impedisce sia di seguire la partita in casa che al ritorno. Insieme a qualche altro tifoso, Francesco prova a persuadermi: “Dai Mattè, facciamo una macchinata e torniamo la notte, io alle 7:30 del giorno dopo vado direttamente a lavorare, quando mai ci ricapiterà”. Rischio di cedere. Ha ragione in parte ma, allo stesso tempo, ho bisogno di non perdermi dei giorni a Milano. Rifiuto con garbo e proseguo per la mia strada mentre lui torna tra la folla.
Per chi si chiedesse il perché ho citato Milano: mi sono trasferito da meno di un anno e torno ogni tanto nel mio luogo natale. Ma non è questo l’importante, torniamo a Carrara: questa gemma incastonata tra le alpi apuane e il mare rappresenta un unicum nel mondo. La città è conosciuta soprattutto per il suo pregiatissimo marmo bianco, materia che ha usato anche Michelangelo per scolpire il suo David. L’immagine delle montagne da cui si estrae è impressionante, sia che tu possa arrivare dall’autostrada che dalla stazione. La catena montuosa delle Apuane supera i mille metri di altezza sulle sue vette, ma nei dintorni di Carrara è facile notare come sulla maggior parte di questi versanti spicchi il bianco marmoreo. La città vive di questo. Anzi, soprattutto di questo.
Da Marina di Carrara prendiamo l’auto e ci spostiamo: percorriamo viale XX Settembre fino al centro città. Da lì andiamo su via Carriona fino ad arrivare allo snodo che porta alle cave: poco più avanti si trovano i punti di pesa per i camion che entrano e per quelli che escono. La polvere di marmo è già abbondante ai bordi della strada e si attacca sulla carrozzeria della nostra auto. Bastano pochi minuti per arrivare ai primi siti e noi ci fermiamo alla cava denominata Fantiscritti. Qui vengono estratti i blocchi che poi sono commerciati in tutto il mondo. Ci facciamo raccontare da un cavatore di nome Oreste che la cosa più appagante del suo lavoro è il momento dell’estrazione. Dovete sapere che solo il 30% di un blocco è sano, ovvero pronto per essere spedito altrove, per poi essere lavorato e raffinato. Il rimanente viene usato per produrre altri materiali: può essere trasformato in polvere di calcio, componente che troviamo nei dentifrici, oppure può essere trasformato in sassi decorativi.
Ogni blocco estratto ha un peso minimo di tre tonnellate. Ciò è permesso anche dal processo tecnologico che permette di avere macchinari sempre più efficienti e sicuri. Il lavoro del cavatore, infatti, è sempre stato a rischio: tantissime le morti sul lavoro dall’inizio degli anni Settanta. Che poi, ancora oggi ci sono, ma sicuramente in misura minore. Celebre di questo periodo è il servizio realizzato da Report sui giacimenti carraresi in cui un noto imprenditore ha pronunciato la frase: “Sono deficienti (gli operai n.d.r.) perché se la vanno a cercare”. Questa frase, messa in un contesto abbastanza discutibile, ha causato una giornata di sciopero e di mobilitazioni. Tuttavia, alcuni operai ci confermano quello che è “il metodo Report”: la frase era pronunciata in un contesto in cui si stava spiegando la morte di un camionista. Ai tempi del fatto era stato detto più volte che la strada che doveva essere percorsa non fosse sicura, quindi avevano consigliato al camionista di aspettare che fosse messa in sicurezza dagli operai specializzati. Nonostante gli avvertimenti, il camionista andò e morì per un crollo strutturale.
Ma torniamo al marmo: stavamo dicendo che il processo tecnologico ha cambiato in meglio il lavoro degli operai. Le macchine da taglio che consentono di ricavare i blocchi dalle pareti montuose sono dotate di filo diamantato: la sua resistenza consente maggior sicurezza durante i tagli e anche una minor lunghezza del filo. Agli albori dei primi macchinari si utilizzava un filo differente, realizzato in ferro. Quest’ultimo aveva una struttura intrecciata e doveva, categoricamente, avere una lunghezza di due chilometri. Perché un’estensione così esagerata? Il ferro ha sicuramente una resistenza molto più bassa allo sfregamento e necessita di una maggiore lunghezza per potersi raffreddare. Aggiungiamo poi che, per facilitare il taglio, il filo veniva costantemente ricoperto di acqua e sabbia: così veniva creato l’habitat perfetto per la marmettola, la fanghiglia che inquina le falde acquifere delle Apuane.
A questo punto, se le macchine stanno facilitando il lavoro dell’uomo significa che le figure all’interno della cava sono sempre meno numerose. Ciò, comunque, non scardina professioni nobili come quella del tecchiaiolo. Nelle estrazioni marmifere capita spesso che non si possa tagliare una parete per questioni logistiche ed è necessario “far esplodere” il muro con alcuni esplosivi. Il tecchiaiolo è una figura che si occupa di posizionare queste mine arrampicandosi e tenendosi alle funi come un acrobata. Oreste ci racconta che prima dell’attentato di Capaci erano presenti tre diverse polveriere a Carrara e che molti esplosivi erano tenuti all’interno della cava. Dopo i fatti del 1992 i controlli sono diventati molto più stringenti: le polveriere sono state chiuse e per utilizzare la polvere da sparo in cava è necessario il permesso della questura. Non solo: non è più permesso anche il possesso di esplosivo in cava e quello che non viene utilizzato deve essere riportato a valle negli edifici delle forze dell’ordine.
Nel processo tecnologico sono cambiati anche i mezzi pesanti con cui viene trasportato il marmo. Adesso sono più intuitivi, resistenti e sicuri. Ogni cavatore che ha il compito di condurre un escavatore o una ruspa ha una patente speciale e il mezzo su cui lavora viene mantenuto in modo maniacale.
Ringraziamo Oreste e tutto il resto degli operai e continuiamo a salire con l’auto. Ci dirigiamo verso Colonnata, uno dei paesi sopra a Carrara. Sicuramente l’avrete già sentita nominare, ma se non vi sovviene nulla ve lo ricordiamo: qui si produce il famosissimo lardo, specialità che da decenni è scivolata nei taglieri di salumi di tutta la Toscana. Non è per il lardo che siamo qui, anche se uno spuntino ci poteva stare, ma per intraprendere un sentiero che ci porterà all’interno della cava Gioia.
Dopo 40 minuti di camminata tra alberi e natura incontaminata sbuchiamo sulla cima di uno dei versanti apuani. La vista a 360 gradi è mozzafiato: alle nostre spalle si può osservare tutta la catena montuosa e qualche paesino della valle lucchese. Davanti a noi troviamo tutto il centro storico di Carrara con la pianura che viene inghiottita dal Mar Mediterraneo. Tutta la costa è visibile: dal golfo di Bocca di Magra fino a Livorno. Proseguiamo per cinque minuti lungo il sentiero e veniamo accecati dal bianco bagliore della cava. La particolarità di Gioia? Un grande murale realizzato dall’artista brasiliano Kobra: raffigura la faccia del David di Michelangelo con un gioco di colori unico al mondo.
L’arte incontra la classe operaia ma anche gli operai fanno arte. Chi cresce a Carrara sa che la sua città ha un patrimonio artistico-culturale che crea invidia a chiunque. Già i romani ci avevano insegnato a realizzare opere d’arte con il marmo e molti artisti locali hanno portato avanti questa tradizione. Tuttavia, molte botteghe chiudono, non trovano vita e la maggior parte degli artisti che nasce a Carrara se ne va da eroe o vive a lungo per cambiare professione e stile di vita. Per entrare nel dettaglio, scendiamo dalla montagna e ci dirigiamo verso il centro città.
Ripercorriamo via Carriona, questa volta in senso opposto: si possono notare diverse segherie e depositi a lato della strada. Dai racconti dei genitori, delle persone e dei nonni emerge che all’interno di questi depositi fino alla crisi del 2008 erano presenti dei laboratori in cui veniva lavorato il marmo da diversi artigiani. Il blocco arrivava, ne veniva sezionata una parte e successivamente scolpita, modellata e trasformata in qualsiasi forma: poteva essere una statua, un vaso o una lastra. Ogni deposito aveva a disposizione questi tipi di laboratori. Poi, come dicevamo prima, la crisi economica: il costo della manodopera si alza e vengono effettuati molti tagli. La lavorazione del marmo si sposta altrove. Non sarà più nella sua capitale ma in paesi dove il costo è molto ridotto. Qui sopravvivono solo le produzioni settoriali, a macchina, e qualche piccolo artigiano che non vuole arrendersi davanti all’inflazione e alla dilagante globalizzazione.
Girando per le vie del centro storico si possono trovare pochi e piccoli atelier, ma senza luce e senz’anima. Rispecchiano ciò che si può vedere addentrandosi per Carrara: una città con grandi potenzialità ma con un’anima malinconica. Ci sono poche persone per le strade del centro se non qualche bambino che gioca in una delle piazze principali: piazza Alberica. I palazzi che la circondano sono di epoca rinascimentale e i loro colori che variano dal rosso al giallo danno quella tonalità che manca nel resto della città. D’altronde, l’altro colore dominante è sempre il bianco marmoreo. Qui sorgono alcuni locali storici come il Leon d’oro, un bar in cui sembra che il tempo si sia fermato alla fine dell’Ottocento. Il profumo del caffè appena macinato si aggiunge al chiacchiericcio di qualche signora anziana, probabilmente nonna di quei bambini che corrono per la piazza. Più avanti troviamo un pub, il Grizzly. Roberta, 24 anni, è un’avventrice: “D’inverno è un posto letteralmente morto, come tutto il resto della città, ma d’estate ci puoi passare serate epiche. Soprattutto il giovedì: quanto è bello ritrovarsi con gli amici, mangiare un buon hamburger e giocare al quizzone! Ah sì, dovrei effettivamente spiegare cos’è il quizzone. Lo dice il nome: ogni tavolo si sfida in un quiz interattivo e chi ha il punteggio più alto, alla fine, vince cinque litri di birra. Non scorderò mai la prima vittoria: delirio con gli amici e birra gratis”.
Salutiamo piazza Alberica e ci immettiamo in un vicoletto dove troviamo una delle mete preferite dagli abitanti: la pizzeria Tognozzi. “Una pizzeria, pensa te che beceri questi carrarini che hanno come meta preferita una pizzeria”. Opinione condivisibile, ma non è un luogo qualsiasi: è un luogo di culto. Questo forno trasuda passione e storia soprattutto per la signora Franca che da più di settant’anni impasta con le proprie mani la focaccia e la pizza. Manca, poi, il pezzo forte: la calda calda. Con questo nome si può pensare a qualsiasi cosa tranne che ad una torta di ceci, specialità tipica della costa tirrenica. E allora, qualsiasi uomo, donna o bambino che entra lì dentro non può far altro che ordinare una gnam gnam: un quarto di focaccia farcito con pizza e torta. Quale intruglio strano, direte voi. Provate per credere e mai proverete un’esperienza sensoriale simile per le vostre papille gustative. Per ogni carrarino il primo morso riporta all’infanzia, quando la nonna ti porta in quel tempio del gusto pagano per la prima volta.
Dopo un’abbondante merenda c’è bisogno di fare qualche scalino. Allora tendete la mano e fatevi trasportare verso piazza Gramsci. Per i carrarini, in realtà, ci troviamo a piazza d’Armi. quest’ultima ha mutato il suo stile architettonico molteplici volte, essendo stata in un primo momento giardino privato del Principe e solo alla fine dell’Ottocento, adibita a spazio pubblico. Al centro troviamo una fontana con una palla galleggiante ad opera di Kenneth Davis e lungo tutto il contorno della piazza sono stati eretti, in epoche diverse, molti monumenti e palazzi, oltre ad alcune aree verde, testimonianze dell’originario giardino albericiano. Non si può non menzionare la fontanella dell’elefantino, punto per dissetarsi nelle torride serate estive.
Camminando verso Sud, prima di arrivare in via Roma, troviamo l’Accademia di Belle Arti di Carrara che ci accoglie con la sua atmosfera vibrante. Le aule e i laboratori sono luoghi di creatività e innovazione, dove giovani artisti da tutto il mondo si formano e sperimentano. Passeggiando per i corridoi dell’accademia, si sente l’energia e la passione di chi dedica la propria vita all’arte. Le opere degli studenti, esposte nelle gallerie interne, sono testimonianza di un talento in continuo divenire. L’accademia è un ponte tra passato e futuro, un luogo dove la tradizione si rinnova costantemente. Quest’ultima aiuta in parte l’economia della città perché la comunità studentesca la aiuta a non morire definitivamente.
Al termine di via Roma, troviamo uno dei simboli della decadenza moderna di Carrara: il Teatro Verdi. La nuova generazione si domanda com’era all’interno e quali immagini venissero riprodotte. Alcuni ragazzi, ormai diventati padri, lo ricordano come una grande sala tutta affrescata ed elegante. Negli ultimi anni della sua vita è stato adibito anche a cinema e non soffriva per nulla la concorrenza del multisala. Solo i problemi della struttura ne hanno portato, poi, all’abbandono definitivo, con i lavori di messa in sicurezza che non sono mai stati effettuati. Pensate che questo teatro fu anche il punto di riferimento degli anarchici carraresi: si può benissimo definire un patrimonio artistico-politico che sta cadendo a pezzi.
Con la nostra auto percorriamo il viale XX Settembre verso il mare, ma prima di incontrare Marina di Carrara si passa in una zona che sta nel mezzo tra il centro città inglobato dalle montagne e i lidi bagnati dal Tirreno. Ci troviamo ad Avenza. Qui si trovano alcuni dei quartieri più popolari della città e nei racconti dei più grandi viene spesso citato il vecchio Peep. Come tutti i centri, Carrara aveva il suo piccolo Bronx. Spaccio, risse e altri tipi di crimini, poi c’è sempre un morto in queste storie, magari quel ragazzo che i tuoi genitori conoscevano. Oggi tutt’altra situazione: alcuni reati minori sono rimasti, ma questi eventi accadono raramente e i ragazzi del Peep scherzano sulla nomea dei predecessori.
Una volta arrivato nelle vicinanze del mare si nota il porto, altra struttura fondamentale per la città. Inaugurato nel 1851, è stato da sempre un punto di riferimento per il trasporto del marmo. Le banchine del porto sono costantemente affollate di navi cargo pronte a caricare blocchi di marmo destinati a tutto il mondo. Il rumore dei macchinari, il via vai dei lavoratori e l’odore salmastro del mare si mescolano creando un’atmosfera unica. Non è solo un luogo di lavoro ma anche un simbolo di resilienza e adattabilità. Nell’ultimo secolo, infatti, ha visto un’importante trasformazione per adattarsi alle esigenze del commercio moderno. Sono stati costruiti nuovi moli, ampliati i magazzini e migliorate le infrastrutture per garantire un’efficienza logistica sempre maggiore. Questo sviluppo ha permesso non solo di incrementare l’export del marmo, ma anche di diversificare le merci in transito.
Negli ultimi anni, in particolare, ha aumentato la sua capacità lo stabilimento per la costruzione degli Yacht. Un settore, questo, si è inserito a gamba tesa nell’economia marittima. Se ci soffermiamo sul mare non può mancare una passeggiata lungo il litorale apuano. A differenza di altre città marittime, a Carrara sono presenti gli stabilimenti balneari privati. Su questi c’è una questione di grande attualità e preoccupazione per i residenti e gli imprenditori locali: l’impatto della direttiva Bolkestein. Quest’ultima impone che le concessioni demaniali marittime siano assegnate attraverso procedure di gara pubblica, trasparenti e competitive. Questo vuol dire che le concessioni non possono più essere automaticamente rinnovate agli attuali gestori, ma devono essere messe in palio in gare aperte a tutti. Per molti, questa è una prospettiva che getta un’ombra di incertezza sul futuro.
Ritorniamo alla passeggiata lungo il litorale: pensate quanti stabilimenti raccontano la storia di famiglie che hanno dedicato la loro vita a questi luoghi. Ogni ombrellone, ogni sdraio è testimone di generazioni che hanno passato estati al mare, con i gestori di questi stabilimenti che hanno costruito una relazione profonda con il territorio e con i loro clienti. L’apertura delle concessioni alla concorrenza può portare nuove energie e idee, potenzialmente migliorando i servizi e riducendo i costi per i bagnanti. Ma questa stessa apertura rappresenta una sfida enorme per gli attuali gestori. Competere con nuove aziende, magari dotate di maggiori risorse finanziarie, non è cosa da poco. Se da un lato la direttiva potrebbe incentivare gli attuali gestori a modernizzare le loro strutture e migliorare i servizi per rimanere competitivi, dall’altro, l’incertezza riguardo al rinnovo delle concessioni potrebbe scoraggiarli dall’investire ulteriormente. È un delicato equilibrio tra speranza e paura, tra innovazione e conservazione. Le spiagge di Marina, con gli stabilimenti che si alternano a tratti di spiaggia libera, sono un microcosmo di questa tensione. Ogni investimento in nuove attrezzature, in servizi migliorati, è un atto di fede nel futuro, ma anche un rischio calcolato. Carrara è una città che ha sempre fatto fatica a trovare un equilibrio tra tradizione e innovazione. Qualora la direttiva Bolkestein dovesse entrare prepotentemente, sarebbe fondamentale lavorare per assicurare che le gare di concessione siano trasparenti e tengano conto non solo dei criteri economici, ma anche del valore sociale e culturale degli stabilimenti balneari storici.
Se ci spostiamo verso il centro abitato dobbiamo distinguere due zone: la Marina della movida e Marina vecchia. La seconda è la parte più storica, dove sorgono le prime villette costruite negli anni Cinquanta dalla classe borghese, lontane dal centro città e dal caos che la produzione marmifera produceva. La zona della movida, invece, è caratterizzata da un corso (via Rinchiosa) che funge da punto di ritrovo per le serate dei più giovani. Qui sono presenti molti palazzi che connotano la funzionalità di questa zona: era già stata pensata per essere la zona “commerciale”, adibita per la villeggiatura dei turisti.
Se vi capitasse mai di ritrovarvi qui il giovedì mattina sappiate che le vie di Marina di Carrara si trasformano in un vivace mosaico di colori, suoni e profumi. Il mercato settimanale è un rituale che anima la città, un’occasione per incontrare amici, fare acquisti e immergersi in un’esperienza sensoriale unica. Attraverso le bancarelle, si rivela l’anima autentica di questa località, un microcosmo di tradizioni e modernità. Mentre ci avviciniamo al mercato, siamo accolti dal profumo inconfondibile del pane fresco, appena sfornato dai panifici locali. Ogni bancarella dice la sua attraverso gli odori: l’aroma delicato dei fiori appena raccolti si mescola con quello intenso delle rosticcerie, creando una sinfonia olfattiva che invita i passanti a fermarsi, ad assaporare la frenetica tranquillità di una mattina di mercato. I colori sono vividi e abbaglianti. Le bancarelle di frutta e verdura sono un’esplosione di tonalità: il rosso brillante dei pomodori, il verde delle zucchine, l’arancione dei meloni. Gli occhi si perdono in questo caleidoscopio naturale, dove ogni prodotto sembra essere disposto con cura artistica. Le bancarelle di abbigliamento e tessuti offrono uno spettacolo altrettanto affascinante, con stoffe multicolori che ondeggiano leggere al vento, creando un gioco di luci e ombre sotto il sole del mattino.
Passeggiando tra le bancarelle, incontriamo personaggi che incarnano la tradizione e la cultura locale. c’è il pescivendolo che con orgoglio mostra il pescato del giorno, i contadini che vendono i prodotti della loro terra, gli artigiani che espongono le loro creazioni fatte a mano. Ognuno di loro contribuisce a mantenere vive le tradizioni, a tramandare conoscenze e saperi che fanno parte dell’identità di Carrara. Non è solo un luogo di commercio, ma un punto di incontro, un’esperienza che coinvolge tutti i sensi e che permette di immergersi nella vita quotidiana della città. È qui che si può cogliere l’essenza di una comunità legata alle sue radici, ma aperta al futuro, dove ogni giovedì si rinnova un rito che celebra la convivialità e la bellezza delle piccole cose.
Mentre il sole tramonta e le ombre della sera si allungano, Marina di Carrara si trasforma, svelando un lato vibrante e dinamico che attira non soltanto giovani. Nel viaggio notturno il tipico carrarino può effettuare delle “vasche” lungo via Rinchiosa alla ricerca di una sedia vuota per sorseggiare i suoi cocktail preferiti. C’era un gioco che spopolava su Twitter qualche tempo fa: “Dimmi qual è il tuo film preferito e ti dirò chi sei”. Facciamo lo stesso gioco ma prendendo in esame i bar di Marina.
Se frequenti il Bristol non ti interessa la location in sé per sé, ma hai bisogno di stare il più possibile all’interno di via Rinchiosa per capire quali persone evitare durante la serata; allo stesso tempo fantastichi su chi conosci meno. Anche i probabili imprevisti che potrebbero arrivare dalla galleria non ti toccano, ma li userai come pretesto per dare un senso alle chiacchiere da bar. Se frequenti il Samba, molto probabilmente, sei originario di Marina. L’inflazione non ti ha minimamente toccato e ciò che ti interessa non è il prezzo del drink ma l’aria e la comunità di quel bar. Molto spesso meta di passaggio, il Samba è il più indicato per incontrare i vecchi compagni del liceo. Se frequenti l’Aisha, significa che hai l’estate dentro di te: non importa che ci siano trenta o cinque gradi: l’unico posto a sedere si trova fuori dal locale. Probabilmente entrando la prima volta pensavi ti gonfiassero con i loro aperitivi, ma tutto sommato ne esci intero. Non ci ritorneresti, ma ha quella magia e quel senso di appartenenza che sono inspiegabili: solo per i fedelissimi. Se frequenti il Johnnie Fox non hai l’abbonamento a Sky e Dazn. Luogo di culto per le partite di calcio, quando gioca la nazionale questo Irish Pub si trasforma in una curva qualsiasi. Probabilmente sei un grande tifoso. O più semplicemente è San Patrizio tutto l’anno. Infine, c’è il Barlume: il locale più vicino al mare e più recente tra tutti. Se lo frequenti probabilmente sei un over 40, dato che il sabato sera l’ingresso è vietato ai minori di 25 anni.
Nel bene e nel male abbiamo fatto un giro per le strade di Carrara, città dai mille volti. È un gioiello incastonato tra le montagne e il mare, un luogo dove il passato e il futuro si fondono in un equilibrio perfetto. Come ogni città della Toscana qui è dirompente il campanilismo delle città limitrofe che spesso criticano e deridono la sua popolazione. Ma poco importa. Come mi ha detto un vecchio saggio, “noi siamo carrarini: alla fine non ci avrete mai come volete voi”.