Santuari moderni di una libertà inseguita per millenni. Trasversale, passata per l’oralità prima, sulla carta poi, ora interattiva e cibernetica. I blog, emblema di una comunicazione globale che valica le barriere geografiche, si affermano sempre di più come veicolo di informazioni altrimenti irreperibili. Ma nel formato Pechino 2008, messo a punto dal Comitato olimpico internazionale per gli atleti delle prossime Olimpiadi in Cina, nascono con la museruola. Le linee guida dei diari virtuali ammiccano al regime impegnato nella repressione del dissenso on-line. Sono un’accozzaglia di pastoie e regole capestro che non garantiranno nessuna vera forma di libertà di espressione. Neanche ai giornalisti.

“Le regole da seguire per scrivere sui blog olimpici? Un cumulo di prese in giro”. Non è la voce di un cyber-dissidente cinese, ma quella di Danilo Di Tommaso, responsabile dell’ufficio stampa del Coni, il comitato olimpico italiano. Scorrendo le linee guida stilate per i blogger olimpici, non stupisce che sia proprio un ramo dell’associazione mondiale che si occupa dell’organizzazione delle Olimpiadi a far vacillare l’impianto delle norme a cui gli atleti di tutto il mondo dovranno attenersi se vorranno tenere un blog personale durante i Giochi di Pechino in programma ad agosto.

Sebbene il Cio le abbia presentate come una “liberalizzazione” per gli atleti che approderanno in Cina e vorranno raccontare la propria esperienza personale, nelle Ioc blogging guidelinesspiccano solo restrizioni. No alle interviste o alle storie su altre persone. No agli interventi su altri blog o siti di altri (un atleta che avesse attivato il proprio blog non potrà esprimersi anche sulla Gazzetta dello sport). No alla divulgazione di informazioni confidenziali o private su terzi, con un esplicito riferimento alla sicurezza dei Giochi, la quale potrebbe essere messa in pericolo da eventuali violazioni. Un esempio? “SeAldo Montano, la punta di diamante della squadra di scherma si trovasse a fare colazione con il campione del nuoto azzurro Massimiliano Rosolino, e riportasse il contenuto della loro conversazione sul proprio blog, potrebbe incorrere nelle sanzioni del Cio”, spiega Di Tommaso che si schermisce quando gli chiediamo cosa potrebbe capitare a un atleta che affrontasse temi politici. “Viene a parlarmi di diritti umani?! Crede davvero che con queste regole gli atleti possano permettersi di esprimere giudizi su quello che vedono fuori dai villaggi o su temi sensibili? Questo non fa parte dello spirito olimpico”.

Eppure dieci giorni fa il presidente del Coni, Giovanni Petrucci, aveva annunciato che “le atlete e gli atleti italiani potranno aderire alle campagne di Amnesty International”. Una sorta di ammutinamento contro la casa madre. Due giorni prima, infatti, il numero uno del Cio, Jacque Rogge, di fronte ai giornalisti che lo incalzavano ricordandogli che nel 2001, per accaparrarsi la 29esima edizione dei Giochi, il regime comunista cinese aveva promesso una svolta epocale in materia di diritti umani, aveva dichiarato: “Le Olimpiadi di Pechino non saranno una panacea per cambiamenti politici da parte della Cina. Noi siamo un’organizzazione sportiva, apolitica e non possiamo risolvere i problemi del mondo”.

Gli atleti erano avvertiti, il Cio non tollererà alzate di testa: «La carta olimpica parla chiaro: la politica deve restare fuori dai giochi, altrimenti scatteranno le sanzioni», aveva detto Rogge. Le stesse sanzioni menzionate nel documento che fissa le regole per i blog. I rischi per gli indisciplinati non riguardano solo ammende monetarie. Il fortino delle guidelines prevede anche azioni legali e il ritiro del ticket d’accredito per accedere ai villaggi olimpici e agli impianti. E, come precisa Di Tommaso, «sarà facile sgarrare».

Ma soprattutto questo varrà anche per i giornalisti, perché le regole “sono applicabili a tutte le persone accreditate che affronteranno temi olimpici su siti web o altri organi di informazione”. E aldilà delle limitazioni che impediscono la pubblicazione di materiale audiovisivo, sponsor e banner espandibili che coprano più del 15% della superficie dello schermo – con le quali il Cio vuole preservare i propri diritti di copyright – è proprio il riferimento alle accredited persons a stupire di più. Anche perché le norme per i blog entreranno in vigore otto giorni prima della cerimonia d’apertura e decadranno tre giorni dopo la chiusura dei Giochi.

“Speriamo che le Olimpiadi siano un’occasione anche per i giornalisti”, spiega Paola De Pirro, capo dell’ufficio stampa della sezione italiana di Amnesty International. “In quei giorni, a Pechino ce ne saranno a migliaia e ci aspettiamo che non si limitino a stare nei villaggi. Certo, le linee guida per i blog non rassicurano. Sembra che il Cio stia assecondando il regime”.

Insomma, se è sempre stato obiettivo del Cio trasformare le Olimpiadi in una cittadella blindata, questa malcelata ambizione si accorda troppo e in maniera preoccupante alla prassi della Repubblica popolare guidata da Hu Jintao. Da mesi la polizia porta avanti un’epurazione sociale contro tutti gli attivisti e i cyber-dissidenti, con incarcerazioni preventive e deportazioni nei campi di rieducazione. E ha attivato un grande firewall per filtrare le critiche al Partito comunista, alimentando un clima di sospetto che avvolge tutta la rete. “La Cina deve mostrarsi alle Olimpiadi al massimo dello splendore. I costi, ancora una volta, si calcolano con le rinunce alla conquista dei diritti fondamentali, che continuano ad essere calpestati. I Giochi sono solo la facciata di un Paese che scricchiola a partire dalla base”, conclude la De Pirro. E i blog ne sono una metafora pericolosa.

di Mario Neri