La Red Wave si infrange sugli scogli dei democratici. Gli Stati Uniti, all’indomani delle elezioni di mid-term, sono ancora un Paese profondamente diviso. A spoglio ancora in corso, i repubblicani sembrano aggiudicarsi la Camera, mentre la partita in Senato è ancora aperta: Arizona, Nevada e Georgia sono i tre campi di battaglia determinanti per ottenere una maggioranza di 51 seggi. Ad oggi, i repubblicani sono in vantaggio con 49 senatori, ma i democratici sono riusciti a strappare agli avversari la Pennsylvania, Stato storicamente rosso. Un risultato importante per il partito del presidente Joe Biden, visti i pronostici, che davano per scontata una schiacciante vittoria del Gop (Great old party), e il suo basso approval rate (39 per cento secondo Reuters).

Questo, però, non vuol dire che la situazione interna allo stesso Partito democratico rimanga immutata, in particolare per quanto riguarda l’approccio alla guerra in Ucraina. «Non credo si ridurranno gli aiuti», commenta Gianluca Pastori, ricercatore dell’Ispi e professore di Storia di relazioni e istituzioni internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. «Il risultato delle elezioni non influenzerà il sostegno americano a Kiev, ma qualche cambiamento lo vedremo. Il Congresso già da tempo sta chiedendo un cambio di passo e la definizione di una strategia più chiara, in particolare sugli obiettivi che si vogliono perseguire in Ucraina». Di parere simile anche Gabriele Natalizia, coordinatore del Centro studi Geopolitica.info e professore di Scienze politiche alla Sapienza di Roma, secondo cui «un Biden uscito con le ossa rotte dal mid-term avrebbe rafforzato la componente più di sinistra del suo partito, guidata da Alexandria Ocasio-Cortez, e provocato un maggiore impegno nel cambiare la rotta attuale dell’Ucraina», potenziando gli sforzi diplomatici per giungere alla pace.

Il Senato è in bilico, la Camera sembra in mano ai repubblicani. Una vittoria mutilata per il Gop, ben lontana dalla marea rossa prevista da sondaggi. Il presidente Biden supera la prova, ma dovrà fare i conti con la corrente più a sinistra del suo partito, che chiede un cambiamento di strategia in Ucraina.

Per quanto riguarda la Nato, gli Stati Uniti non dovrebbero cambiare la loro posizione. «Il conflitto in Ucraina ha rimesso l’Alleanza atlantica al centro della scena, l’ha legittimata e le ha ridato una ragion d’essere molto molto forte», afferma Mario Del Pero, ricercatore Ispi e professore alla SciencesPo di Parigi. «Ci sarà la consueta retorica degli Usa che chiederanno agli alleati di fare di più, di condividere il fardello, che è una richiesta che fanno dagli anni cinquanta». Anche Gabriele Natalizia sottolinea questo aspetto, ricordando come «gli Stati Uniti, con o senza alleati, vanno per la loro strada. La Nato è lo strumento del potere americano in Europa ma, per gli Usa, lo scenario principale è l’Indo-pacifico». Secondo Pastori, la Nato ora «è tenuta insieme da qualcosa di più importante del mid-term. Molto cinicamente, l’invasione russa è stata per i democratici e gli stati a guida democratica una sorta di benedizione, perché ha permesso di rilanciare un ruolo guida degli Usa in Europa, che sembrava in crisi, e ha permesso il rilancio dell’idea tra i Paesi Ue degli Stati Uniti come guida del mondo occidentale».

Se Biden e i democratici rimangono ancora in piedi, il grande sconfitto di questa tornata elettorale è Donald Trump. L’ex presidente e la sua corrente all’interno del Partito repubblicano sembrano aver imboccato una parabola discendente, ma se ne avrà una conferma solo in vista delle elezioni del 2024. Non si può comunque negare che questo avrà una ripercussione sulle destre europee. Il loro sostegno interno ai vari Paesi, secondo Gianluca Pastori, non verrà intaccato, ma potrebbero non avere più il trumpismo come principale «alimento per la loro narrazione». L’ascesa del governatore della Florida, Ronald DeSantis, potrebbe fornire a quello che Del Pero definisce «un internazionale delle destre» un nuovo punto di riferimento. «Gli Stati Uniti sono un modello, tendono a generare tentativi di emulazione in Europa», conclude il professore. «Con Trump alla Casa Bianca, alcune destre si sono sentite legittimate e, in un certo senso, lo erano. In Italia lo abbiamo visto con Salvini. Una sconfitta dell’ex presidente nel passaggio cruciale del 2024 sarebbe un duro colpo per tutti i partiti che hanno provato ad imitarlo».

 

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il podcast “Speciale Midterm” di Matteo Galié e Samuele Valori con Martino Mazzonis ospite