Ricorre oggi la giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, una delle patologie più dibattute e più rappresentate anche sulle piattaforme social. Nulla di male, nella misura in cui si crei sensibilizzazione ed empatia per chi ne soffre.Ma adesso c’è un nuovo fenomeno che su TikTok sta diventando esponenziale: l’autodiagnosi.
Basta scorrere velocemente il feed digitando la parola “autismo” per imbattersi in video-testimonianze di utenti auto-diagnosticati, che raccontano per filo e per segno come hanno fatto. Suggerendo, in alcuni casi, di testare i loro stessi metodi. Sempre di più, gli influencer e i creatori di video hanno una fortissima influenza sulla diffusione delle informazioni sanitarie online. Con le conseguenze che si possono immaginare, visto che non sono medici.
Uno studio dell’Università di Toronto rivela che su un campione di cento video di auto-diagnosi su TikTok, analizzati per la ricerca, il 52% è stato classificato come fuorviante, il 27% come esperienza personale e il 21% come utile: il fenomeno è causato dall’algoritmo ma anche dalla predilezione degli utenti per storie di “vita vissuta”
Uno dei problemi principali è che le piattaforme di social media in genere cercano il maggior numero di interazioni, utilizzando algoritmi che si concentrano sull’aumento del coinvolgimento degli utenti, e possono promuovere video che non riflettono necessariamente informazioni accurate sulla salute.La cosa importante è il numero di visualizzazioni, commenti e condivisioni. L’algoritmo di TikTok, inoltre, ha una propensione a mostrare agli utenti video simili nel tempo, cosa il rischio di propagare ulteriormente video con le stesse informazioni errate.
I video sulla piattaforma possono anche essere registrati per essere umoristici o spontanei, e non necessariamente pensati con l’intento di diffondere informazioni mediche. Tuttavia, anche i video realizzati senza l’idea di diffondere informazioni mediche possono descrivere sintomi non specifici e generalizzazioni che potrebbero essere fuorvianti per gli spettatori. A confermare la tendenza dell’autodiagnosi relativa a presunti o reali disturbi, è uno studio dell’Università di Toronto, che ha rivelato che su un campione di cento video analizzati per la ricerca, il 52% è stato classificato come fuorviante, il 27% come esperienza personale e il 21% come utile.Tra gli influencer, gli operatori sanitari hanno caricato video di qualità superiore e più utili, come ci si dovrebbe aspettare. Chi invece non apparteneva a questa categoria, ha caricato video perlopiù fuorvianti.
Lo studio evidenzia anche come alcuni video di TikTok abbiano avuto un ruolo nel recente aumento di comportamenti simili a tic negli adolescenti e si ritiene che l’esposizione ai video relativi ai tic sia alla base di questo fenomeno imitativo. Questi risultati, molto simili anche su altre piattaforme social, suggeriscono che gli spettatori sono più attratti dai video realizzati da individui con esperienza vissuta, e compulsano meno video istituzionali realizzati da esperti.
Nonostante la società si sia sensibilizzata su questa patologia, meno del 10% delle persone autistiche riesce ad ottenere un impiego significativo, adeguato alle loro competenze e alla loro formazione. Fanno eccezione alcune aziende come la tedesca Auticon che ne ha fatto la missione del suo core business
Fare una diagnosi di autismo, va ricordato, è un’operazione abbastanza complessa che richiede interventi di personale qualificato e specializzato, per evitare di confondere il disturbo dello spettro autistico con altre patologie neurologiche, anche perché la diagnosi di autismo si basa su metodi osservativi. Dopo aver capito come riconoscere l’autismo e aver accertato la presenza del disturbo, si può procedere con l’attuazione di trattamenti mirati, come ad esempio il metodo ABA per l’autismo. L’ABA è l’acronimo inglese di Applied Behavior Analysis, che in italiano significa Analisi del Comportamento Applicata. Si tratta di una tecnica scientificamente riconosciuta, che utilizza strategie ben definite per inibire i comportamenti disfunzionali del bambino e promuovere quelli corretti, affinché possano esprimere al meglio le proprie capacità sia in ambito professionale che umano. E la missione di permettere alle persone autistiche di dimostrare ciò, è tutt’altro che semplice e non si risolve con una auto-diagnosi video che diventa fenomeno virale.
Tutto questo rischia anche di minimizzare uno sforzo che la comunità scientifica e la società hanno intrapreso da venti anni a questa parte, in famiglia, nella scuola, nel lavoro. Per esempio, la ricerca di un lavoro, nonostante le politiche sociali più avanzate di prima, per una persona autistica può diventare una vera e propria montagna da scalare. Alcune società si sono particolarmente impegnate nel fare la loro parte e diminuire lo stigma nei confronti delle persone autistiche: come la società tedesca Auticon che fa la sua battaglia dal 2011. Si tratta di una società internazionale di consulenza informatica che impiega esclusivamente adulti nello spettro dell’autismo come consulenti informatici.Dal 2019 è presente anche in Italia, a Milano. La sua missione è cambiare la percezione delle persone autistiche sul luogo di lavoro. Secondo i risultati dell’Impact Report annuale dell’azienza, Auticon ha successo grazie alla neuro-diversità. La maggior parte degli impiegati sono team autistici, assunti dopo anni di disoccupazione in altri settori. Nonostante questa lodevole iniziativa, come si legge sul sito, secondo le stime, meno del 10% delle persone autistiche riesce ad ottenere un impiego significativo, adeguato alle loro competenze e alla loro formazione.